Indonesia viaggio

I’ve just seen a face in Indonesia

La scorsa estate, sulle pagine del mio passaporto – ancora troppo pulite – è stato apposto il primo timbro, che mi ha autorizzato ad entrare nella più grande Repubblica arcipelago al mondo: l’Indonesia.

Dal momento che conta oltre 17 mila isole, arrivare in un qualsiasi punto dell’Indonesia vuol dire essere neanche all’inizio del viaggio. Da lì in poi, non si ha che l’imbarazzo della scelta sui possibili itinerari da seguire alla scoperta di posti più o meno selvaggi, ma sicuramente sempre meravigliosi e sorprendenti.

Java, Bali, Borneo, Komodo e Gili le tappe dell’itinerario che ho percorso insieme al mio “Riccetto” per guadagnarci un mare di esperienze e di incontri, che hanno reso il viaggio per quest’area del Sud Est Asiatico tra i più belli delle nostre vite. Così bello che mi è difficile scriverne, per il timore di non riuscire a tradurre a parole le emozioni che quei posti mi hanno regalato.

Per questa ragione, ho deciso di affidare l’arduo compito a poche immagini: quelle delle facce in cui mi sono imbattuta, perché ho il sospetto che siano state proprio loro a rendere il viaggio indonesiano un viaggio speciale.

Per dirla con John Lennon &co. “I’ve just seen a face, I can’t forget the time or place where we just met”.

1 Nei pressi del tempio buddhista di Borobudur, per esempio, c’è un piccolo villaggio che merita di essere visitato più di qualsiasi attrazione turistica. Un villaggio di artigiani, dove ogni bene è prodotto dalla stessa gente del posto. Nessun monumento o reperto archeologico in bella mostra, solo i volti di persone stanche e affaticate, sorridenti ed emozionate alla vista di strani forestieri venuti dall’altra parte del mondo e così curiosi di conoscere la loro cultura. Ogni volto con una storia da raccontare o con una storia da scrivere, come il volto di questa bambina a cui un’anziana signora sta facendo il bagno in un secchiello. Starà pur facendo il bagno all’aria aperta, ma anche lei ha il suo pudore e non è molto felice di essere osservata.

2 Volti di persone accoglienti e disponibili. Come queste che, avendoci visto alla ricerca di un autobus fantasma per tornare dal tempio induista di Prambanan al centro di Yogiakarta, hanno pensato bene di darci un passaggio sul loro bus che era lì per fare un viaggio organizzato. A bordo dell’autobus, ovviamente, eravamo diventati due animali da circo con i quali bisogna farsi almeno una foto.

3 Bali, invece, è il volto della sua danza, che si chiama Barong e rappresenta la lotta tra un mostruoso Dio animale e una strega. È un evento popolare e spettacolare, molto colorato e in lingua indonesiana chiaramente. La danza balinese attira tutta l’attenzione dello spettatore principalmente sui movimenti rapidi ed eleganti delle mani e sui grandi occhi spalancati delle belle ballerine.

4 Il mio amato Borneo ha tre volti. Il primo è quello di Tata, il più piccolo orangutan della foresta che, aggrappandosi di ramo in ramo, si ritrova di fronte a quella che probabilmente è la sua prima platea di spettatori affascinati dalla sua destrezza e dalla sua scompigliata e giovane bellezza. Anche sul volto di Tata c’è una grande meraviglia nel vederci o forse è solo spaventata, visto che alla sua età gli orangutan non si staccano dalla mamma per nessuna ragione al mondo. “Dov’è finita allora la mia”? Secondo e terzo volto del Borneo, sono invece quello di Arif e Dessy, coppia nella vita e per lavoro. Un concentrato di avventura e allegria che sui loro volti si traduce in bellezza. Guide loquaci che parlano, ma non straparlano per raccontarti l’Indonesia dalla bellezza della sua natura fino al dramma di chi tenta di distruggerla.

5 Il volto di Komodo è il volto del suo drago con la lingua biforcuta. Tre metri o giù di lì di un esemplare di lucertola con l’alito che uccide. Vedere un drago di Komodo faccia a faccia può rivelarsi davvero un’avventura. La sua “specialità”, infatti, è nutrirsi di prede uccise a morsi letali a causa dei batteri presenti nella sua bocca. Per tutta la vita hanno provato a insegnarmi che un animale più piccolo di me non può farmi del male, ma adesso so che il piatto unico preferito dal drago di Komodo è il bufalo, spolpato per bene in ogni sua parte. Eppure il bufalo mi sembra decisamente più grosso.

Nei dintorni di Komodo, nel bel mezzo dell’Oceano Indiano, sorgono anche tante altre isole come Rincha, che sarà pure meno conosciuta ma io la consiglierei a chiunque, con la raccomandazione di portare tanti abbracci ai “miei” bambini. I più piccoli abitanti del villaggio dei pescatori mi hanno insegnato, ancora una volta molto più di tanti grandi. Per esempio, mi hanno insegnato che per stare bene in compagnia non è necessario parlare la stessa lingua, perché la gioia non è fatta di parole. I loro volti e la loro corsa non autorizzata fino al molo per stare insieme e poi salutarci me li porterò sempre dentro nel cuore come l’immagine del loro schieramento mentre la nostra barca inizia a muoversi e la corsa di nuovo il villaggio.

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Claudia Cannatà


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Claudietta vince l'ultimo content game e si aggiudica il kindle!
7 anni fa

[…] La scorsa estate è andata in Indonesia, ma ovviamente non ha avuto modo di girare tutte le sue 17 mila isole. Tra i vari templi buddhisti e danze Barong è stata oggetto di fotografie da parte di locali che la consideravano una rarità, e ha assistito a scene insolite, come quella di un’anziana signora che fa il bagno ad una bambina dentro un secchio. Guarda qui la fotogallery completa. […]

Alessio
Admin
Alessio
7 anni fa

Non sono mai stato in Indonesia purtroppo e dopo aver visto queste foto e letto la storia che c’è dietro il mio desiderio di andarci è più forte di prima.

Devo dire che quando andai in Malesia nel 2008 ho avuto un’altra impressione delle persone che ho incontrato. Molto meno genuine e molto più “modernizzate” nel senso di centri commerciali, tecnologie ecc.

È stato un viaggio indimenticabile ma non ci ho trovato lo stesso fascino che è emerso dalle tue parole e dalle tue immagini.

Grazie Claudietta, alla prossima storia 😀

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