
Viaggio a Parrano, borgo umbro di storia, natura e tradizioni
Sulla sommità di uno dei placidi colli dell’Umbria occidentale, in provincia di Terni, si erge un piccolo ma grazioso borgo, scrigno di storia, natura e tradizioni. È Parrano, meta ideale per immergersi in una delle sfaccettature più pure del “cuore verde” d’Italia e del Belpaese in generale.
Parrano è agevolmente raggiungibile dal resto della Penisola, sorgendo a una decina di chilometri dal casello A1 di Fabro. Superato il vicino centro di Fabro Scalo, si percorre la SP52, prima attraversando la rigogliosa Valdichiana e successivamente risalendo il colle parranese.
Quassù, tra verdissime foreste, una popolazione di poco più di cinquecento abitanti custodisce con orgoglio il proprio borgo e la propria terra, preservandone l’aspetto e le tradizioni, oltre ad accogliere con squisita ospitalità il visitatore e a deliziarlo con prodotti enogastronomici dall’eccellente qualità. Elementi che rendono questo piccolo borgo meta ideale per chi ama almeno una fra l’arte, la storia, la natura e la buona tavola.

Un borgo così piccolo ma così ricco di storia
La zona dell’odierno comune parranese fu popolata almeno a partire dal Paleolitico Superiore, circa 20.000 anni prima di Cristo. Ad un’epoca tanto remota risale, infatti, una delle più sensazionali scoperte archeologiche d’Italia, la “Venere verde”: una piccola statuetta votiva di steatite (analoga e coeva alla celebre “Venere di Willendorf”), rinvenuta, insieme a molti altri reperti preistorici, all’interno di una delle tante grotte celate fra i locali boschi.

Posto nel cuore d’Etruria, crocevia fra le antiche lucumonie di Chiusi, Perugia e Volsinii, questo territorio conobbe di certo la presenza etrusca e, successivamente, romana, dato il ritrovamento di reperti (soprattutto tombe) delle due storiche civiltà.
Romane erano anche le rovine situate sulla cima di uno dei colli dell’area, forse il più strategico, se è vero che vi fu eretto un castello, attorno al quale sorse il nucleo storico di Parrano. Nel 1118, Guglielmo, vescovo della vicina Orvieto, conferì in feudo il borgo (e il relativo titolo di conte) a tal Bernardo, esponente di un’antica famiglia toscana d’origine longobarda, i Bulgarelli.
Casata, quest’ultima, decisamente ambiziosa, tanto che Bernardo e i suoi discendenti avrebbero reso Parrano punto di partenza per espandere i propri domini nell’Italia centrale. La sua posizione rendeva il borgo una roccaforte praticamente inespugnabile, così che, in poco più di un secolo, i Bulgarelli s’imposero su altri centri e castelli della zona, quali Monteleone d’Orvieto, Montegabbione, Montegiove, Castel di Fiori, Carnaiola e Civitella dei Conti, facendosi pure riconoscere rilevanti diritti su Castel della Pieve (l’odierna Città della Pieve). La successiva conquista di Marsciano diede ai Bulgarelli prestigio tale che, da allora ai nostri giorni, il nome della casata sarebbe divenuto proprio “di Marsciano”.
Nel XVI secolo un’altra potente famiglia, i Baglioni da Perugia, legò il proprio nome a Parrano. Dapprima, attraverso il matrimonio tra Galeazzo Baglioni e Lavinia di Marsciano, la quale aveva portato il castello in dote: dall’unione nacquero Giovanna (futura moglie di Ascanio della Corgna) e Ranuccio. Quest’ultimo, nel 1549, sposò una delle donne protagoniste, forse più nel male che nel bene, della storia di Parrano: Ortensia Farnese, contessa di Vignanello, per la quale era il terzo matrimonio. Probabilmente non fu un’idea saggia, considerato che i suoi due precedenti mariti erano morti uno in un’aggressione da parte degli abitanti di Vignanello e l’altro avvelenato e che tutti i sospetti erano ricaduti su Ortensia. Anche Ranuccio morì, dopo quattro anni di matrimonio, in un’aggressione, pure stavolta da parte dei vignanellesi. L’inchiesta ordinata da Papa Giulio III, durante la quale Ortensia fu temporaneamente sospesa dall’amministrazione del feudo di Parrano (assegnata ad Ascanio della Corgna), non riuscì a provare alcuna responsabilità della donna.
Nel corso degli anni, persino quattro dei figli avuti da Ortensia sarebbero deceduti per avvelenamento, ma ogni volta il relativo procedimento la vide assolta. Nondimeno, la “giustizia popolare” fu implacabile con la nobildonna, che sarebbe passata alla storia con il sinistro epiteto di “Lucrezia Borgia di Parrano”.

Fu uno dei figli “superstiti” di Ortensia, Alfonso Marescotti, avuto dal primo marito, ad ereditare il titolo di conte di Parrano. Il borgo entrò così nel dominio di tale casata.
Addirittura, nel 1773 papa Clemente XII elevò la contea di Parrano a principato, contraddistinto da una marcata autonomia nell’ambito dello Stato della Chiesa. Nel 1818, però, Pio VII soppresse tutti i feudi ecclesiastici. Da quel momento, i Marescotti sarebbero rimasti a Parrano come meri proprietari del castello. Che vendettero nel 1873.
Mentre la rocca passava di proprietario in proprietario (tra essi, anche Vittorio Valletta, storico dirigente FIAT), il borgo conobbe un vistoso spopolamento a cavallo fra le due metà nel Novecento. Al punto che oggi la popolazione conta poco più di cinquecento abitanti. Ma chi giunge qui non creda di visitare un paese che muore. Da un lato, Parrano ha saputo preservare il suo incantevole aspetto nella più totale purezza. Dall’altro, la popolazione rimasta opera, con il massimo impegno, al fine di mantenere la vitalità del borgo e delle sue tradizioni.

In giro per i vicoli di Parrano
Parrano conserva tutt’oggi l’aspetto di inespugnabile roccaforte. Affiancato a ripidi declivi, il borgo è dotato di due soli accessi al centro storico, costituiti dalle altrettante porte cittadine: Porta Piazza (ad est) e Porta Ripa (ad ovest).

A fianco di Porta Piazza svetta l’inconfondibile quanto maestosa mole del Castello. Storica residenza dei conti (e poi dei principi) parranesi, è munito di due torri a merlatura ghibellina e si erge su ben cinque piani collegati da una scalinata a chiocciola.
Entrare nel castello significa rivivere gli splendori del principato parranese. Antiche corazze, elmi, spade e lance pullulano d’ogni dove, mentre la scalinata conduce agli sfarzosi saloni interni. Splendidi lampadari, opere d’arte (soprattutto quadri), antichi tomi, trofei di caccia e preziosi arredi costellano l’interno della struttura, insieme alle inebrianti camere coi tradizionali letti a baldacchino.
Trova qui il suo ambiente ideale chi ama il Medioevo. Incluso chi lo apprezza per il suo retaggio di miti e leggende: una di esse narra di un fantasma femminile che vagherebbe all’interno del maniero.







L’imponenza della struttura è confermata anche dalla presenza di un complesso di piscine e sale termali, frutto per lo più di alcuni recenti rifacimenti, finalizzati a trasformare la struttura in un resort di lusso. Di fronte al castello si erge il Palazzo Comunale, affiancato da via XX Settembre e via Roma, che percorrono il borgo nella sua interezza.
Seguendo la prima, ci s’imbatte nella graziosa Torre dell’Orologio, che da secoli scandisce la vita dei parranesi.

Di lì a poco, alcune scalette conducono alla Chiesa di Santa Maria Assunta, unico edificio di culto del centro storico. L’esterno mantiene la parvenza di antichissima chiesa (fu edificata intorno all’XI secolo), sormontata da un campanile a vela. L’interno, ristrutturato più volte, presenta un aspetto barocco: l’unica navata si sviluppa sotto tre campate ed è contornata da quattro splendidi altari laterali contraddistinti da eleganti modanature (di color bianco per tre di essi e verde per il quarto), due dei quali ornati di fregi d’oro.

Lungo la parete destra, si scorge una curiosa balaustra lignea che collega direttamente la Chiesa al Castello. Il suo scopo era quello di permettere ai Signori di assistere alle funzioni religiose senza dover uscire per le vie del borgo.
Proseguendo lungo l’adiacente via di Sopra, e percorrendola tutta fino a ricongiungersi con via XX Settembre, si fiancheggia uno degli edifici storici di Parrano: Palazzo De Sanctis. La struttura fu la dimora di Sante De Sanctis (1862-1935), celeberrimo psicologo e neuropsichiatra, tra i più insigni parranesi di sempre (tanto che il borgo ospita talora convegni, anche internazionali, di psicologia e psichiatria). Una delle ventisette stanze del palazzo ospita un piccolo museo, all’interno del quale è custodita la citata Venere Verde (scoperta nell’Ottocento da un altro membro della famiglia, Cesare).

Via XX Settembre si collega con via Roma attraverso una serie di piccoli vicoli fra le abitazioni. Ed è proprio lì, fra i muri in pietra, ora ricoperti d’edera, ora uniti da piccoli archi o adornati da terrazzini coperti da vasi di fiori, che si respira l’aria di questo splendido borgo. Le due vie principali si ricongiungono in prossimità di Porta Ripa. Uscendo, si raggiunge un piccolo spiazzo munito di un affaccio da cui si gode un ameno panorama sulla piana sottostante e sui colli che delimitano l’orizzonte. Da qui, da almeno un millennio, l’antico capoluogo di contea e di principato scruta la Valdichiana e le terre al confine tra l’Umbria e la Toscana, come un indomito guardiano che, malgrado l’incedere dei tempi, mantiene inalterato il proprio posto.






Scopriamo il territorio parranese
Proprio dal citato affaccio dal piazzale esterno a Porta Ripa si intuisce la consistenza del comune di Parrano. Un territorio per lo più collinare ove le foreste, qua e là interrotte da oliveti, degradano fino alla sottostante pianura coltivata.
Uno degli elementi di maggior richiamo di Parrano è, in effetti, la rigogliosa natura che lo circonda e, idealmente, lo preserva nella sua purezza. Tra il castagno o il faggio, il tiglio o il rovere, è possibile osservare una ricca fauna con – solo per citare alcune specie – cervi, cinghiali, scoiattoli, ricci, tassi, oltre a una grande varietà di uccelli. Durante la bella stagione, si ode il canto di uno di questi ultimi, l’upupa, una sorta di animale simbolo di Parrano. Il nome del borgo, infatti, deriva dal latino “parra”, cioè upupa, con l’aggiunta del suffisso “-anus”, che indica appartenenza. Di conseguenza, l’antico toponimo “Parranus” significa più o meno “borgo (o terra) dell’upupa”.
La campagna parranese è l’ideale per il trekking e la fotografia, data la presenza luoghi di marcata bellezza.
Uno di questi si trova a nord del borgo. È una zona modellata, millennio dopo millennio, da un piccolo torrente locale, il Fosso del Bagno, che oggi scorre oggi entro un complesso di forre, cioè di piccole e anguste gole a parete verticale. Attorno ad esse, si snoda un dedalo di cavità carsiche, tanto impressionanti da essere note come le “Tane del Diavolo”. Proprio qui sono stati rinvenuti i principali reperti preistorici (inclusa la Venere Verde) della zona.
Meta ambita da speleologi e archeologi, l’area è da sempre rinomata per le proprietà curative delle sue calde acque, tanto che è vi stato realizzato un parco termale: il “Bagno del Diavolo”.
Luogo ideale per conoscere la storia di Parrano e del suo comune è il Museo del Territorio, situato presso la Scuola elementare “Sante de Sanctis” (circa 200 metri all’esterno di Porta Piazza). Il percorso si snoda su quattro sezioni, dedicate alle Tane del Diavolo, alla preistoria, all’epoca etrusca e al Medioevo.

Un tuffo nell’enogastronomia locale
Parrano è il cuore di una terra di prelibati prodotti agroalimentari e la sua gente, oggi più che mai, lavora per preservarne la genuinità che da sempre li contraddistingue.
Nel 2017, i produttori locali hanno costituito il Consorzio “Gusto Umbria – Terre dell’Upupa”, che promuove e valorizza il lavoro delle imprese consorziate, al tempo stesso cercando di garantire l’alta qualità e il carattere biologico dei prodotti. Altresì, il Consorzio mette a disposizione delle imprese associate un centro di trasformazione, avente sede proprio a Parrano, affinché i prodotti possano essere realizzati secondo standard conformi sia alle normative nazionali e internazionali sia alle tradizioni agricole e culinarie della zona. I prodotti spaziano dai legumi ai cereali, dalla pasta alle zuppe, dagli ortaggi alla farina, dal miele alla propoli, dall’idromele al torrone. Gran parte delle eccellenze enogastronomiche del Consorzio sono radicatissime nella locale cultura agroalimentare. Tra esse, ricordiamo: il farro, cibo prediletto dagli Etruschi; la celebre fagiolina del Trasimeno; e, naturalmente, l’olio e lo zafferano, la spezia tradizionale di queste terre.

Una delle peculiarità dei prodotti è la totale assenza di sostanze quali addensanti, coloranti e conservanti. Le qualità e la conservabilità dei prodotti sono semmai dovute, da un lato, alla loro intrinseca genuinità, frutto di un lavoro condotto nel totale rispetto dell’ambiente e della salute del consumatore; dall’altro, all’impiego di meccanismi di lavorazione tradizionali (ad es., il confezionamento sottovuoto), finalizzati a mantenere il prodotto il più a lungo possibile.
Oltre alla presenza di uno shop online e alla costante partecipazione del Consorzio a fiere enogastronomiche in tutta Italia, “Gusto Umbria – Terre dell’Upupa” consente di apprezzare le proprie prelibatezze presso la suggestiva Taverna del Gusto, entro il complesso del castello di Parrano. Qui vengono periodicamente organizzati pranzi o cene a base delle bontà locali, servite nelle celebri terrecotte della vicina Ficulle.

Eventi e rievocazioni da vedere tutto l’anno
Parrano, luogo assai interessante per l’intero arco dell’anno, diviene imperdibile in occasione degli eventi qui organizzati.
Durante l’ultimo fine settimana di giugno, tra la frazione di Cantone, il Bagno del Diavolo e l’antica Pieve di Montelungo, si tiene la “Festa dell’Acqua”, a ricordarne e a celebrarne l’importanza e la rilevanza vitale e nella cultura non solo locale, ma anche in assoluto. Le fa eco, in novembre, la “Festa dell’Aria”, consistente in incontri e dibattiti tra esperti del settore, in primis docenti universitari e ricercatori.
La storia parranese, poi, oltre alle menzionate vicende di epoca medievale e moderna, possiede, come il resto d’Italia, un doloroso trascorso rappresentato dal passaggio del fronte durante la seconda guerra mondiale. Ecco, dunque, che in giugno si ricorda la liberazione del borgo (16 giugno 1944) ad opera delle forze alleate, attraverso la manifestazione “Diari di Guerra” (che si svolge tra Parrano e la vicina Montegabbione). Qui, gruppi di rievocazione, con divise, elmi, armi e veicoli militari perfettamente ricostruiti, riportano il borgo a quegli eventi tanto drammatici quanto decisivi nella storia del nostro Paese.
Ma, com’è ovvio, in un borgo come questo non poteva mancare una rievocazione storica ancor più antica. Ecco che allora è nata la suggestiva “Parrano Medievale”. Durante l’evento, organizzato in estate (nel 2018 si terrà dal 6 all’8 luglio), il borgo rivive i secoli dell’Età di Mezzo, con figuranti in costume, mercatini e banchetti. Da non perdere!
Si ringraziano per l’ospitalità in occasione del blogtour del 23-25 febbraio 2018,
il Comune di Parrano e il Consorzio “Gusto Umbria – Terre dell’Upupa”.
Buon viaggio!
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L'Umbria è il cuore verde d'Italia. Un susseguirsi di borghi medievali, tesori artistici, dolci colline e benessere. Piccola ma ricca, questa regione offre città vivaci, animate tutto l'anno da una serie di eventi e festival di respiro internazionale. Dall'Umbria Jazz a Perugia, al Festival dei due mondi di Spoleto e il Dancity di Foligno. Paesaggi incantevoli e floride campagne tradiscono una ricca tradizione enogastronomica, fatta di salumi e formaggi caserecci, cacciagione, tartufo, olio extravergine e ottimo vino. Ma l'Umbria è anche quella del lago Trasimeno, la sua macchia di colore blu, da scoprire in traghetto o lungo il suo periplo con un tour in bicicletta. Una terra dove la natura è stata generosa, così come i popoli che l'hanno abitata, impreziosendola con reperti archeologici, chiese e castelli. Per un momento di relax e benessere condito da arte, folklore e buona cucina, l'Umbria è la vacanza che fa per te. Scoprila con i racconti di Genteinviaggio.it!
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