
Vagabonding, l’arte del viaggiare
Si chiama “vagabonding”, ma non ha nulla a che vedere con quegli impiegati che al mattino timbrano il badge del lavoro in mutande.
Si chiama “vagabonding” ed è sicuramente un neologismo, un termine inventato ad hoc, a dire il vero, per indicare “l’azione di lasciarsi alle spalle il mondo ordinato e viaggiare in modo indipendente per un lungo periodo di tempo; un modo di viaggiare rilevante per ogni individuo che pone l’enfasi sulla creatività, l’avventura, la consapevolezza, la semplicità, la scoperta, l’indipendenza, il realismo, l’autonomia e la crescita spirituale; una scelta consapevole di vita che rende possibile la libertà di viaggio”.
Si chiama “vagabonding” ed è l’insolita guida al viaggio scritta da Rolf Potts.
Non è una guida di viaggio, ma una guida al viaggio, uno stato d’animo continuo più che un evento a cui, quindi, è sbagliato pensare come un momento specifico della vita che si distingue e si distacca dalla più stressante quotidianità. Il viaggio è, piuttosto, uno stato d’animo permanente che di volta in volta ci accompagna sugli scalini dell’aereo o ci fa accomodare sui seggiolini di un treno o semplicemente ci fa allacciare le cinture o le scarpe e andare.
Il viaggio è, ancora, quello stato d’animo che mantiene sempre viva la fiamma della curiosità, la voglia di confronto, la fame di conoscenza e la tendenza all’abbattimento di ogni limite e barriera, pur nella consapevolezza della necessità del rispetto verso ogni cultura, che spesso può salvare il viaggiatore da situazioni spiacevoli.
L’autore, che dal 1994 gira il mondo con lo zaino sulle spalle, non ha consegnato un libro di racconti di viaggio, bensì ha scelto di condividere con un pubblico più ampio del suo gruppo di amici la convinzione pragmatica ed esperita che non ci sono limiti alla possibilità di viaggiare.
Molto spesso, per esempio, chi non varca mai o quasi mai i confini della sua città, sostiene che c’è una carenza di risorse economiche dietro la scelta praticamente obbligata di condurre una vita sedentaria e da villaggio. In realtà, le finanze non sono altro che una scusa, se è vero – come è vero – che chi vuole davvero qualcosa trova sempre una strada.
La strada del viaggio, secondo Potts, è sempre percorribile, a patto che nella nostra vita di tutti i giorni siamo disposti a fare delle rinunce in termini di beni materiali soprattutto. Rinunce e non sacrifici, perché molto spesso per poter risparmiare soldi o per poter sfruttare al meglio il nostro tempo, è necessario disfarci di oggetti e abitudini che, a prescindere dall’obiettivo finale del viaggio, non sono comunque necessari e, al contrario, qualche volta sono la causa di una vita poco felice o quantomeno di un po’ di mal di testa.
Il primo passo verso il viaggio, allora, sarà dichiarare la propria indipendenza. Già, fare le valigie può passare anche in secondo piano, perché quando ci si mette in viaggio, ci si accorge che il mondo è pieno di risorse e che per affrontarlo abbiamo bisogno soltanto di noi stessi e magari di qualche compagno di viaggio. Non c’è nulla che non possa essere lasciato a casa e non c’è conto in banca, per quanto povero che sia, che possa bloccarci a casa. Nel suo libro, Potts, qualche volta, fa riferimento alle sue esperienze di viaggio e racconta di come abbia avuto o meglio di come abbia colto la possibilità di trascorre periodi di tempo anche molto lunghi lontano dalla sua terra natale, lavorando. Vietato pensare “ma devo lavorare anche in viaggio”? Potts, per esempio, ha insegnato la sua lingua agli studenti di una scuola in un Paese per lui straniero: c’è un modo migliore, per caso, di conoscere una cultura e un Paese rispetto allo stare a contatto con la sua gente?
Il viaggio, inoltre, non ha età. Il mondo, tutto il mondo, è pronto ad accogliere grandi e bambini, se siamo in grado maturiamo la consapevolezza che tutto quello che a casa nostra ci sembra comodo senza paragoni e quasi indispensabile in realtà non è che ciò a cui siamo stati abituati.
“Vagabondig” fa di sottotitolo “l’arte di girare il mondo”. Il viaggio, quindi, per Potts, al pari della musica, del teatro, della pittura è una forma d’arte. In alcuni, la vena artistica si manifesta naturalmente, in altri, invece, spesso ha bisogno di essere tirata fuori. Questo libro, quindi, è per tutti coloro che si sono accomodati nella propria città, ma sentono il cuore battere al ritmo dei tamburi africani e il sangue scorrere come il Nilo in piena, per tutti coloro che hanno bisogno di tirare fuori la propria vena artistica.
A tratti retorico, a tratti filosofico e psicologico, “Vagabonding” può essere un utile strumento per imparare a fare la propria dichiarazione di indipendenza, mettersi lo zaino sulle spalle e partire e viaggiare, “per la stessa ragione del viaggio viaggiare”.
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Ciao Claudietta, Mi piace quello che scrivi: “Il viaggio è, ancora, quello stato d’animo che mantiene sempre viva la fiamma della curiosità, la voglia di confronto, la fame di conoscenza e la tendenza all’abbattimento di ogni limite e barriera, pur nella consapevolezza della necessità del rispetto verso ogni cultura, che spesso può salvare il viaggiatore da situazioni spiacevoli.”. Credo che l’aver iniziato a viaggiare mi abbia dato uno sguardo più complesso sulla realtá o sulle realtá quotidiane. Leggero il libro che segnali. E ti consiglio la lettura di questo articolo che lessi qualche tempo fa su DoppioZero: “Camminare Insieme”. http://www.doppiozero.com/materiali/camminare/camminare-insieme… Leggi il resto »
Ciao Virginia,
grazie per la segnalazione dell’articolo su DoppioZero: è molto bello e mi ha dato buoni spunti di riflessione sia sul viaggio fotto con la valigia o lo zaino sulle spalle sia sul viaggio che affrontiamo ogni giorno con le persone che teniamo e ci tengono per mano. Preziosissimo, davvero!
Il cammino in viaggio in senso letterale, invece, quello ancora mi manca, ma spero di farlo presto con la persona giusta.