
Un viaggio nelle tradizioni tunisine: matrimonio djerbino – parte 2
Matrimonio tunisino: il secondo giorno è dedicato allo sposo
Di mattina lui va all’hammam, dal barbiere, dal sarto e il resto della famiglia si affaccenda tra cucina e allestimento della location (uno spazio di terra circondato da basse case bianche disposte a cerchio).
Io e Dalì giriamo per i mercatini e per le cittadine vicine con una 147 prestata da un amico di K. Per pranzo, uomini da una parte e donne dall’altra mangiano un piccantissimo cous cous a casa dei genitori dello sposo, prima di agghindarci a festa per andare a consegnare i doni alla sposa. Sara ci tiene che io indossi gli abiti tradizionali djerbini e così mi ritrovo privilegiatamente nella stanza insieme alle donne della famiglia a cambiarci e vestire lunghi e coloratissimi abiti da festa ai quali abbiniamo orecchini d’oro, ampie collane, spille e tutto un armamentario dorato che completa la vestizione. Così conciata e perfettamente mimetizzata, monto sulla 147 e in corteo raggiungo la casa della sposa.
Tamburi, canti, balli e infiniti –pppprrrriiii- marciano fino alle porte di un’umile casa nel centro di Midoun. Gli uomini, come sempre, aspettano fuori e noi donne ci catapultiamo dentro casa. La sposa è seduta su un divano al centro della stanza, avvolta da un burqa bianco. È forte quell’immagine, ma il clima è talmente festoso che quasi passa in secondo piano la mancanza d’aria che suscita quella donna. Per un attimo mi sento una turista: mi spingono a sedermi accanto a lei e scattano una serie di foto nella quali il rosso del mio incarnato evidentemente imbarazzato è più intenso persino del verde acceso del mio vestito folkloristico!
Uscite dalla casa ci accomodiamo sotto una sorta di tendone adibito a ristorante, tutte donne, gli uomini pare si siano dileguati. Accanto a me si siede Sarah, la giovane nipote di K e per un po’ parlo con lei in inglese, è bello finalmente poter scambiare due chiacchiere con una di loro e in un attimo la sua bocca fa da tramite anche alle altre donne che evidentemente, come me, avevano voglia di interagire. Ancora una volta mi trovo a maledire la mia scarsa conoscenza di questa lingua!
Ancora cous cous ma stavolta decisamente meno piccante, acqua fresca e via di corsa di nuovo alle macchine. A casa ci aspetta lo sposo, avvolto in una spessa coperta di lana marrone. In effetti inquietante quasi quanto il burqa della sposa, ma sorridente come sempre. Via di nuovo tamburi, balli e –pppprrrriiii- e tutti in corteo verso l’aperta campagna. Io seguo il gruppo quasi in trance, non riesco a capire cosa stia succedendo né a ritrovare i miei amici per chiedere spiegazioni. Arriviamo in un piazzale in mezzo al quale c’è un ulivo, il corteo festante si ferma e lo sposo inizia a camminare intorno all’albero, fa tre giri (un po’ come i nostri intorno al fuoco di Sant’Antonio ma senza fave e ovviamente soprattutto senza né lardo né vino rosso!). La seconda serata si conclude così, con lo sposo avvolto in una coperta di lana, con in mano un ramoscello di ulivo a frustare gli uomini ancora single.
Il terzo giorno è arrivato in fretta
Tutti laboriosi da presto, noi ospiti nonostante tutto veniamo viziati ancora una volta con caffè caldo, latte, Ftayer (pane fritto simile al nostro pane lentu) e strepitosi dolcetti di mandorle con caramello. Difficile alzarsi dal tavolo della colazione. Io e Dalì decidiamo di liberare il campo per non essere d’intralcio e passiamo la mattina tra le bancarelle di Midoun a cercare dei foulard per la mia amica Marianna che andrò a trovare a Pavia alla fine di questa avventura, e una giacca da far indossare a K che, invaso di compiti e doveri non è riuscito a comprare niente per il giorno delle nozze del fratello. In realtà il farsi belli è l’ultimo dei pensieri di queste persone, la priorità è accogliere gli ospiti e fare una buona festa!
Tornati a casa c’è la confusione più totale, non si capisce l’orario esatto in cui dovrebbe arrivare la sposa, io pulisco la casa che mi ospita, che di sera farà da covo per gli uomini, e verso le 17 ho indosso il mio abito da festa. Uscita da casa però mi rendo conto di essere l’unica vestita elegante. Rimango sull’uscio con le altre donne alla ricerca di qualche indizio che mi faccia capire quali saranno gli altri passi da fare e, prima ancora che riesca a parlare con una delle due Sara, vedo arrivare una fiumana di donne pronte ad andare direttamente ad accomodarsi per mangiare; ma come, senza gli sposi?! Si!
A quel punto capisco di avere due possibilità: fare l’ospite e sedermi a mangiare o cambiarmi ed aiutare a servire ai tavoli. Opto ovviamente per la seconda e in un lampo ho di nuovo addosso jeans, giacca e anfibi. Ora mi sento finalmente a casa. Giro per i tavoli con giganti piatti colmi di cous cous e carne e riporto indietro piatti vuoti e bicchieri di plastica da buttare, tra sorrisi e abbracci improvvisi.
Poi K:
- Anniese per favore, puoi andare a prendere la famiglia della sposa?
- Eeeeeh??? Come? Dove? Con chi?
- Raggiungi le macchine degli uomini che sono ripartiti, prendi la mia macchina che essendo italiana può essere guidata solo con la tua patente. Una volta arrivata là, faranno salire qualcuno che non ci sta nelle altre macchine. Per favore.
- Certo, vado.
- Shokran
40 minuti di corsa in macchina con le 4 frecce per raggiungere il resto del corteo, fortunatamente ho memorizzato la strada il giorno prima. Durante viaggio rido da sola pensando alla situazione in cui mi sono cacciata, come avrei comunicato con chiunque fosse venuto in macchina con me? Problema risolto, arrivata a casa della sposa, i suoi invitati mi sfilano davanti andando ad accomodarsi nella macchine guidate dagli uomini del posto. Nessuno si fida della donna occidentale, come dargli torto? Eheheh. Bene, riparto, sempre sola. Seguo la coda ma ad un certo punto K mi chiama:
– Anniese fermati, hai dietro un mio amico, ha la macchina piena e vuole far salire sua moglie con la bambina nella tua macchina.
– Ok, ma stai in linea così se ha qualcosa da dirmi prima di salire me la traduci.
– Tranquilla.
Con il cellulare aperto scendo dall’auto e vado incontro alla donna, la faccio parlare con K e riparto. Suo marito mi si piazza davanti ed inizia a correre come un matto, io provo a stargli dietro ma brucio una rotonda e devo frenare di scatto, la donna e la bambina si ancorano al sedile e lei inizia a parlare ad alta voce in arabo. Credo non sia felicissima di essere salita in macchina con me. Abbozzo un “Sorry”, alzo la musica e cerco di riprendere il corteo. Non vedo l’ora di arrivare.
Arrivati a casa, essendo l’ultima della coda mi perdo l’incontro tra gli sposi, sono già le 20, è buio. –pppprrrriiii- tamburi, balli, confusione. Mi sento in colpa per la frenata e vorrei raggiungere K e raccontargli l’accaduto di modo che possa chiedere scusa alla donna da parte mia. Non c’è bisogno, lei lo capisce, mi da in braccio la sua bambina e mi tira verso il tavolo imbandito per la cena. Ottimo, incastrata a cenare con lei e altre bellissime donne vestite a festa mentre io sembro una trovata fuori dal cancello. Proprio ora che avrei potuto finalmente cambiarmi e magari cenare con le donne della famiglia con le quali ormai sono entrata in confidenza. Pazienza. Finisco la cena, mi alzo e inizio a sparecchiare insieme alle altre, trasformiamo in un attimo il “ristorante” in una sala da ballo e finalmente vedo sposo e sposa insieme, lei abito bianco e lui in un elegantissimo completo nero, sono seduti su un divano bianco e davanti a loro uomini e donne (ma soprattutto donne) ballano a ritmo di musiche orientaleggianti, tutti sobrissimi, coloratissimi e allegri. Non era come lo immaginavo: la tradizione Djerbina vorrebbe che la donna arrivasse dentro un cesto su un cammello e di sicuro sarebbe stata una scena epica da osservare ma credo di aver comunque collezionato emozioni e colori e –pppprrrriiiii- sorrisi e abbracci oltre le aspettative. Non scorderò mai questo meraviglioso matrimonio tunisino.
Curiosità sulla cultura tunisina
- Mischino/a si dice anche in arabo e ha lo stesso significato del sardo
- Gli uomini, volendo, il giorno prima del matrimonio potrebbero anche permettersi una bevuta ma di nascosto dalle mogli
- Le donne sono molto festaiole, possono decidere di divorziare dai loro mariti per qualsiasi motivo e non hanno assolutamente l’obbligo del velo
- Un uomo che faccia atti di violenza contro una donna viene ripudiato dalla società e non gli è più permesso l’ingresso nei bar “moreschi” (tipici caffè solo maschili in cui oltre alle chiacchiere vengono svolti anche atti di commercio)
- Gli sposi dopo il matrimonio vengono accompagnati in camera e lo sposo dopo il rapporto, che per la donna dovrebbe essere il primo della sua vita, esce per comunicare agli ospiti il suo gaudio! In alcuni paesi da conferma della verginità o meno della consorte e nel primo caso la festa continua.
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