scheveningen spiaggia olanda

Un giocattolaio, una spiaggia olandese, una foto.

Scheveningen, Olanda, aprile 2019.

È il primo viaggio da sola, un giorno vi racconterò com’è iniziato. Per adesso basta sapere che ero reduce dal primo volo in solitaria (e secondo in assoluto), che avevo vagato nello Schiphol di Amsterdam per un’infinità prima di trovare l’uscita, che avevo trascorso la notte in un ostello del centro e che ero passata a salutare gli amici tatuatori conosciuti lì ormai sei mesi prima. Da lì in poi avrei dormito a Den Haag, in una stanza grande e luminosa, il ragazzo che me l’ha affittata si chiamava Fred, e a casa sua c’era il bagno più piccolo che avessi mai visto. Quel giorno avevo pranzato in un chiosco lungo la strada, poco prima di fare il check-in: pesce fritto tagliato a cubetti, speziato, con una salsa di cui se chiudo gli occhi sento ancora il gusto, seduta ad un tavolino a godermi quella primavera improvvisa. I miei amici mi avevano detto che Den Haag era vicino a Scheveningen e che a Scheveningen, oltre alla gigantesca ruota panoramica attorno alla quale si scatenava la movida olandese, c’era un bel mare, così, visto quel sole inaspettato, ho deciso di incamminarmi.

Stava fuori dal suo negozio, pieno di giocattoli in legno fatti a mano, e contemplava la strada con una tazza di the in mano. Sulla stessa strada arrancavo io, sudata, sperduta e felice. Il padrone di casa mi aveva minacciato di cacciarmi se non fossi uscita con una giornata così bella. Ho guardato quell’uomo con gli occhiali dalla montatura rotonda, che sembrava uscito da un vecchio film. Ci siamo salutati. Mi ha detto che mi guardava arrivare, che ero carina. Gli ho chiesto se andavo bene per la spiaggia.

Quale spiaggia?

Ha chiesto in un inglese pacato. Mi sono sentita stupida. Non sapevo ce ne fossero molte.

– Una qualunque.

Ho detto. Lui mi ha guardato in silenzio per un attimo poi mi ha chiesto, a bruciapelo:

Cosa cerchi?

Ho risposto senza avere il tempo di pensarci, si dice siano le risposte più sincere.

– Silenzio.

Ha sorriso, mi ha dato le indicazioni e augurato un buon cammino. 

Il mondo si è aperto di fronte a me oltre una collina brulla e insignificante. Un immenso che toglieva il fiato, mitigato da un vento dolce e dallo scorrazzare di qualche cane sulla sabbia fine. Ho tolto le scarpe, sono corsa alla riva, ridendo mentre i piedi congelavano in quel primo, implacabile mare. Poi mi sono sdraiata, a godere del sole e del vento, e quando una coppia è passata li ho fermati.

– È uno dei momenti più felici della mia vita  – ho detto – Fatemi una foto, voglio ricordarlo per sempre.

Hanno riso. È matta, avranno pensato. Ma la foto l’hanno fatta.

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Giulia D'Arrigo

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