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Trekking sul tetto del mondo, intervista a Michela Alessandroni

Michela Alessandroni è una gran camminatrice e adora la montagna. Che si tratta di una persona che ama la pace e la serenità lo capisci  appena la conosci, ma la sua timidezza non è scostante per l’interlocutore, anzi lo incuriosisce ancor di più quando scopre che è tornata da un viaggio faticoso e affascinante come un lungo trekking di 21 giorni in Nepal.

Nel caso di Michela, lo sport si intreccia indissolubilmente con l’amore della montagna. La spinta, a passo lento, verso i limiti fisici e mentali del trekking d’alta quota è il risultato di tutta questa passione, condita dalla voglia di raccogliere in un diario di viaggio tutta la sua esperienza, che non è sbagliato definire estrema.

Passatele voi le notti a -8° dopo intere giornate di trekking tra i ghiacciai. Non so quanti dei nostri lettori potrebbero riuscirci!

Abbiamo fatto a Michela qualche curiosa domanda.

Cosa ti piace del trekking e del viaggiare a piedi?

Viaggiare a piedi significa conoscere il territorio e, allo stesso tempo, conoscere te stesso. Non ti trovi su un’automobile o su un altro mezzo di trasporto: sei tu a dare il ritmo e la velocità al viaggio, a sentire il terreno sotto ai piedi, a esporti al sole, alla pioggia e al vento, e questo ti permette di conoscere la risposta del tuo corpo, le sue capacità e anche i suoi limiti. Il trekking è anche un’attività meditativa, di attenzione e concentrazione continua.

Cosa ami della montagna?

Della montagna amo il silenzio e la solitudine, la bellezza della natura e la magia dei boschi, la salita, che è fatica e piacere insieme, l’obiettivo da raggiungere. Camminare in montagna è catartico e rigenerante. È una palingenesi: parti con la quotidianità e tutte le sue problematicità sulle spalle, poi, man mano che sali, tutto scivola via e, una volta in cima, sei leggero.

Da chi è meglio farsi accompagnare in un trekking in Nepal?

Un trekking in Nepal può essere affrontato in solitaria oppure in gruppo, con guida e portatori o senza di loro. Alcuni organizzano il viaggio da casa, altri ingaggiano i portatori direttamente sul posto. La scelta è libera, ovviamente. Io consiglio però di affidarsi a una guida e dei portatori locali che lavorino per delle agenzie serie. Questo perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e avere una persona di riferimento per interagire con soccorsi o aeroporti è importante. Inoltre è essenziale scegliere i giusti compagni di viaggio, perché i ritmi e le esigenze personali possono essere molto diversi e non si gode della bellezza del trekking se ci sono tensioni e non si va d’accordo.

Ci racconti le difficoltà e un aneddoto divertente del tuo viaggio?

trekking nepal katmandu

Si è trattato di un trekking in alta montagna, quindi le difficoltà sono state principalmente quelle legate alla natura del luogo: alle condizioni climatiche, al terreno, all’altitudine e alla conseguente scarsità di ossigeno. Che dire, però: all’Everest Base Camp c’era solo il 50% di ossigeno eppure respiravo meglio lì che in città…

Poi ci sono le difficoltà legate alle strutture, che diventano sempre più spartane man mano che si sale di quota. Bagni condivisi con tutto il lodge, acqua fredda, stanze ghiacciate, niente doccia. Ma anche questo fa parte dell’avventura.

Un aneddoto divertente? Be’, mi viene in mente un tizio conosciuto a Kathmandu, nei pressi del quartiere Tamel. La maggior parte delle persone vive nella povertà più nera, ma questo non toglie loro la dignità né la voglia di affrancarsi. Questo signore aveva fatto un piccolo investimento e si era comprato una bilancia pesapersone, una di quelle elettroniche. Con grande spirito imprenditoriale, o forse grazie all’arte di arrangiarsi, ne aveva fatto un lavoro: stava lì, all’ombra di un albero e pesava le persone a pagamento. Non pensavo che qualcuno se ne potesse servire davvero, invece un giorno ho visto un ragazzo pesarsi e lasciare al proprietario dei soldi. Ecco, ora che l’ho raccontato non lo trovo poi così divertente.

Parliamo dell’attrezzatura. Qual è quella adeguata?

Questo è un punto molto importante, da non sottovalutare. Sei a Roma e pensi: quanto freddo potrà mai fare la notte? Ecco, fa molto freddo la notte, soprattutto nelle strutture che poggiano sulla morena dell’Everest, perciò direi di portare con sé un ottimo sacco a pelo, di quelli resistenti alle basse temperature. I lodge mettono a disposizione una coperta, in genere, ma non è assolutamente sufficiente. Neppure un sacco a pelo estivo è sufficiente.

Poi c’è tutto l’abbigliamento da considerare: qualche maglietta di tessuto tecnico, dei pile, pantaloni da trekking, una giacca a vento, cappello e occhiali da sole da montagna. E naturalmente gli scarponi: li terrete ai piedi tutti i giorni per lunghe ore, quindi è bene provarli sulle nostre montagne prima, per esser certi che non diano problemi.

Non bisogna però esagerare con le quantità di vestiti: i portatori possono portare un peso massimo, a seconda dell’agenzia; qualora questi non avessero un’agenzia alle spalle, è bene comunque non sovraccaricarli.

Qual è il prossimo trekking che ti piacerebbe fare?

Dopo aver fatto trekking sull’Himalaya non puoi fare altro che sognare di tornarci ancora. La nostalgia ti attanaglia e ti porta a progettare subito un altro viaggio in quei luoghi: mi piacerebbe, un giorno, andare sul Mera Peak.

Un consiglio ai lettori che vogliano fare questo viaggio?

Non prenderlo sottogamba, partire preparati: allenamento fisico, attrezzatura adeguata e grande spirito di adattamento.

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Alessio Neri

Appassionato di viaggi e comunicazione digitale, sono blogger dal 2004 e me ne vanto. Qui racconto le mie esperienze di viaggio ma non sono mai abbastanza!

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