
Tredici giorni in Uganda, per ridare vita alle regioni del Nord
Viaggiare non è solo un’azione fisica, ma è uno scambio culturale: chi viaggia incontra altri esseri umani, instaurando relazioni che arricchiscono entrambe le parti. La costruzione della relazione fa parte di quello che chiamiamo turismo lento: un viaggio slow, vuol dire soprattutto conoscere le storie dei luoghi che si attraversano. Così, anche lo slow tourism, può diventare non solo fonte di arricchimento personale, ma anche di emancipazione sociale: è quello che AVSI tenta di fare in Uganda.
Un paese devastato dai conflitti locali per decenni, che ha acquisito una maggiore stabilità negli ultimi anni: fra Sudan del Sud, Kenia, Tanzania, Ruanda e Congo, non è certo il posto più sicuro del mondo. Ma chi fa slow tourism spesso è animato, oltre che dalla curiosità, anche dal coraggio: è per questo che, nelle regioni del Nord, nasce un progetto che vuole coinvolgere le popolazioni locali nella costruzione di una rete di turismo responsabile.
La storia dell’Uganda dopo l’indipendenza del 1962 è una storia segnata da colpi di stato, dittature militari, guerre civili, violenze, violazioni di diritti umani e instabilità economica e sociale: dal 1986, nel Nord del paese è scoppiata una guerra civile che ha compromesso le tradizionali attività economiche e ha creato gravi problemi al tessuto sociale, oltre ad aver lasciato sul campo quelli che forse un giorno saranno considerati i peggiori crimini di guerra del continente africano.
Mal d’Africa
La guerra si è ufficialmente conclusa solo nel 2008: ma solo da pochi anni il territorio del Nord è davvero stabile e pronto a costruire una vita sociale all’insegna della normalizzazione dei rapporti: il turismo responsabile può fare molto per queste zone.
A intraprendere questo percorso coraggioso, oltre all’AVSI, ci sono anche Fondazione 4 Africa e Trekking Italia: l’obiettivo era la creazione di un pacchetto turistico che prevede visite a tre comunità locali. Il percorso si chiama Matoke Tours e dura 13 giorni: durante l’itinerario, i viaggiatori entreranno in contatto con le attività economiche, sociali e culturali locali, guidati dagli stessi ugandesi alla scoperta dell’Uganda più autentica.
L’Uganda ha un territorio prevalentemente rurale: l’unica vera città è la Capitale, Kampala, che conta poco più di un milione e mezzo di abitanti ed è situata sulle sponde settentrionali del Lago Vittoria, la parte più rigogliosa del Paese. Le regioni del Nord, invece, sono una miniera immensa di bellezze naturali, malgrado le ferite lasciate dai conflitti: le montagne in gran parte inesplorate hanno un potenziale turistico incommensurabile.
Ma il turismo responsabile prevede innanzitutto che a queste attività prendano parte le popolazioni locali: una volta tracciati i primi itinerari, infatti, si provvederà a formare le guide locali, in una prospettiva di tutela del proprio territorio e valorizzazione delle risorse. AVSI si è incaricata della parte più delicata del progetto: garantire la sostenibilità delle attività e controllare che i benefici siano equamente distribuiti fra le popolazioni delle regioni del Nord.
Se natura e cultura ugandesi possono rappresentare una fonte di sviluppo economico alternativo e un nuovo strumento di emancipazione per le singole persone, perché non provare?