
Una settimana santa a Polistena
Nel paese in cui sono nata e cresciuta, la bella Polistena, c’è un unico e lungo momento durante l’anno che unisce proprio tutti, cattolici e miscredenti, praticanti e inosservanti: è la Settima Santa, che precede e accompagna verso la domenica di Pasqua.
Da molti anni, ormai, non ho l’occasione di vivere la Settimana Santa a Polistena, quindi immagino che alcuni eventi potrebbero essere cambiati e comunque per ricordarli devo fare un grosso sforzo di memoria, ma non dovrebbe essere difficile considerata l’intensità di quei momenti a cui ho partecipato ogni anno per almeno 20 anni. Spesso anche con l’animo tribolato da adolescente che… “è un anno che non vado neppure a messa e adesso?”. Alla fine ero sempre lì.
La settimana santa a Polistena
La Settimana Santa a Polistena è un susseguirsi di eventi tra il religioso e il folkloristico che raggiunge il suo culmine nel cosiddetto “triduo pasquale”, quando il tempo che si riesce a trascorre a casa è veramente una piccola parte della giornata ed è comunque funzionale a prepararsi di nuovo per la prossima funzione.
Si inizia la domenica delle palme con una celebrazione all’aperto – primavera permettendo – sul punto più caratteristico del paese, il piazzale della Trinità dal quale si gode di una straordinaria vista sui tetti caratteristici di Polistena e soprattutto sulla Sicilia. I fedeli sicuramente non si concentrano sul panorama, ma sul rito simbolico della benedizione delle palme. Storicamente, le palme si comprano da venditori improvvisati ai bordi delle strade o dai fiorai, che si sbizzarriscono in creazioni imponenti e spesso anche un po’ pacchiane. La loro creatività, ad ogni modo, dà il la a una tradizione tacita, che è una sorta di gara tra fedeli per decretare il possessore della palma più bella: ovviamente quella più lunga e intrecciata.
La prima funzione religiosa della settimana è, invece, quella del martedì santo ovvero la Via Crucis per le strade del paese. In testa al corteo di persone, c’è la croce, che viene accompagnata da nord a sud, dal centro alle periferie per rispettare le sue quattordici stazioni in altrettanti luoghi in qualche modo simbolici, dove ci si sofferma per una riflessione in parte silenziosa eppure corale.
Mercoledì è un giorno di pausa e si riparte giovedì con quella che volgarmente chiamiamo “l’ultima cena” ovvero la messa in coena domini, la liturgia che ripercorre il momento dell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. La messa viene celebrata di sera ed è una funzione abbastanza lunga perché, oltre a ruotare intorno a un vangelo di per sé ben dettagliato, contiene numerosi momenti simbolici come la lavanda dei piedi in cui è il sacerdote a compiere questo atto per i discepoli che, almeno negli ultimi anni, vengono scelti tra quelle persone del paese che vivono una situazione di disagio. Al termine di questa messa, l’altare “si spoglia”, perché è in quel momento che inizia davvero il triduo pasquale, il lutto della Chiesa Cattolica. Viene allestito, invece, il sepolcro per il prossimo momento di preghiera della settimana. Inoltre, all’uscita dalla messa in coena domini, viene distribuito il pane benedetto a tutti i fedeli e questo è un momento che fa quantomeno sorridere, perché sembra tirare fuori un senso di fame primordiale nelle persone o forse chissà quali e quante speranze vengono riposte in un panino “benedetto”.
Giovedì non finisce con la messa in coena domini. Dopo questa liturgia, si torna a casa per la cena, quella vera e poi tutti in giro per il paese di nuovo per “u giuriamentu di chiesi”. A Polistena ci sono un bel po’ di chiese e santuari nei quali, nella notte di giovedì santo, gli altari laterali vengono allestiti come dei sepolcri e i fedeli che ne fanno visita si soffermano davanti al tabernacolo per pregare. All’uscita dalla chiesa, poi, via ai commenti di stile e arredamento. Di chiesa in chiesa, la visita ai sepolcri si traduce anche in un’occasione per incontrare quelle persone che magari non vedevi da tanto tempo. E se non è già questo un miracolo!
[Venerdì santo, sveglia presto e già alle sette di mattina l’appuntamento è ai piedi delle scale del duomo di Polistena per la processione della Madonna Addolorata. La statua della Madonna in abiti da lutto e con il viso trafitto di dolore viene portata in processione in una ricerca simbolica del suo figlio perso. Davanti alla Madonna, infatti, c’è Gesù impersonato da un cittadino in carne e ossa che ha fatto voto e la cui identità rimane segreta. Una parrucca di capelli chiari fermata da una corona di spine gli coprono il volto e lui, piegato sulla schiena, porta una croce che pare non essere proprio leggera. La ricerca di Gesù da parte di sua mamma, la Madonna, si svolge entrando nelle chiese che la sera precedente sono state visitate dai fedeli e poi riuscendo senza il ritrovamento. È una processione chiaramente folkloristica, ma molto sentita dai cittadini. L’uscita della Madonna dalla scalinata della chiesa accompagnata dalla musica della settima parola del musicista e compositore locale Michele Valensise alle prime luci del mattino rendono questo momento, infatti, particolarmente suggestivo.
Venerdì è senz’altro il giorno più impegnativo. Dopo la processione del mattino, nel pomeriggio c’è l’unica vera funzione religiosa della giornata ovvero quella durante la quale i fedeli sono chiamati a baciare la croce. Volgarmente questa liturgia viene chiamata “messa a storta” e in effetti è una messa molto particolare perché non segue il rito tradizionale di tutte le atre celebrazioni. Sempre nel pomeriggio, il coro del paese interpreta le sette parole, ovvero le frasi pronunciate da Gesù sul patibolo, ripercorrendo la sua passione sempre sulle note di Michele Valensise. E poi c’è ancora la processione della Madonna della pietà e, infine, la processione dei Misteri, anche quest’ultima molto suggestiva nella sua organizzazione e nel suo svolgersi quando ormai le strade sono buie. Ragazzi e da alcuni anni anche le ragazze vestititi da bianco e con il volto coperto portano le statue che raffigurano vari momenti della passione di Gesù, mentre ogni statua è seguita dai bambini più piccoli che reggono dei simboli e da gruppi di ragazze – per tradizione credo non più rispettata, verginelle – vestite di reggono le fiaccole. Siamo caciaroni del Sud, sì, ma durante il passaggio di questa processione il paese – è proprio il caso di dirlo – è in religioso silenzio.
Sabato libero, fino alla sera, quando tutti i fedeli e non solo sono chiamati a partecipare alla veglia pasquale. Un insieme di riti nel rito rendono la messa speciale, grazie anche al talento e alla creatività dei ragazzi che frequentano la parrocchia anche in tempi non sospetti e che ormai organizzano delle celebrazioni spettacolari e artistiche. Un giorno, quindi, per fare le ore piccole con fede.
Il mattino seguente è Pasqua, ma non è ancora finita. Dopo le messe di mezzogiorno di due delle parrocchie del paese, la statua di Cristo Risorto e quella della Madonna del Rosario vengono portate in piazza per un momento di festa che chiamiamo “l’affrontata”. Gesù e sua mamma finalmente si incontrano, la banda suona e i polistenesi si scambiano gli auguri e poi ognuno al grande pranzo di Pasqua e arrivederci al prossimo anno.
Che settimana santa!
TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE:
- Primavera in Calabria, vacanze lente a Badolato
- Alla scoperta dell’Area Grecanica della Calabria
- MUSABA, un gioiello d’arte e colori