
Quartiere Coppedè: dove l’architettura diventa magia
Che la Città Eterna sia sempre in grado di stupire il visitatore è ormai un dato di fatto. Nascosto al grande flusso turistico, e recentemente (ri)scoperto dai romani, il quartiere Coppedè è in grado di incantare tutti quanti, grandi e piccoli. Come mai? Grazie alle sue fantastiche architetture!
Nel cuore dell’odierno quartiere Trieste, all’inizio del 1900, il fiorentino Gino Coppedè fu incaricato di realizzare un nuovo quartiere destinato ad accogliere la nascente ricca borghesia di Roma Capitale. Fu così che, uno degli architetti più estrosi e fantasiosi di tutti i tempi, si dedicò a questo nuovo stimolante progetto, non riuscendo però a portarlo a termine, perché morì improvvisamente nel 1927, a causa di alcune complicazioni sopraggiunte in seguito ad un intervento chirurgico ai polmoni. Nonostante in quegli anni lo stile Liberty fosse sicuramente il più gettonato, Gino Coppedè riuscì a non limitarsi esclusivamente ad una sua mera interpretazione: da grande conoscitore della storia dell’arte e dell’architettura mondiale qual era, seppe fondere e mescolare più che sapientemente stili assai differenti tra loro, generando un qualcosa che oggi si è soliti definire proprio “stile Coppedè”!
Un quartiere da favola, in una Roma che non ti aspetti
Nascendo come un progetto nuovo ed unitario, l’architetto decise di realizzare per il quartiere un ingresso trionfale visibile a via Dora. Qui, le due torrette dei Palazzi degli Ambasciatori, sono collegate tra loro da un grande arcone ornato da mascheroni, efebi ed affreschi con cavalieri medioevali: è così che il Coppedè decise di accogliere il visitatore per introdurlo in un’atmosfera “da favola”. La ricchezza dei soggetti decorativi presenti nelle architetture del Coppedè è impressionante, ma non deve stupire: da giovane infatti passò molto tempo a Firenze nella bottega paterna, apprendendo l’arte di intagliatore. Ecco quindi spiegata la passione e la grande attenzione che riportava nell’apparato decorativo dei suoi edifici. Incantano le colte citazioni al mondo antico, come la presenza della Nike alata – dea della Vittoria nel mondo antico – in cima ad una delle torrette del palazzo; quelle alla sua città di origine, Firenze, qui ricordata con il grande emblema dei Medici al centro dell’arcone o ancora i richiami alle tipicità di Roma, come per esempio la Madonella, una piccola edicola con la Vergine e il Bambino, posta alla base dell’altra torretta. Vista l’importanza del progetto, l’architetto volle firmare l’intera opera, ponendo la propria firma alla base di una delle colonne sotto l’arcone.

Seguendo il profilo dei Palazzi degli Ambasciatori, si giunge nel cuore del quartiere, tutto incentrato su piazza Mincio, su cui il Coppedè decise di far affacciare le sue più riuscite costruzioni. Ben consapevole del fatto che a Roma quasi ogni piazza avesse nel proprio centro uno scenografico gioco d’acqua, ecco che si lasciò ispirare da uno dei geni del Barocco romano, Gian Lorenzo Bernini. Questo aveva impreziosito la fontana cinquecentesca di piazza Mattei ponendo lungo il bordo del catino superiore alcune tartarughe bronzee. Così il Coppedè decise di realizzare per la sua piazza, la straordinaria Fontana delle Rane: un omaggio diretto al grande maestro del passato!
Sulla piazza, uno dopo l’altro, ecco apparire poi gli altri edifici. Palazzo del Ragno, così chiamato per la presenza in facciata di un mosaico a tessere bianche e nere raffigurante proprio l’animale, simbolo di laboriosità, chiaro riferimento alla fatica e al lavoro dello stesso Coppedè. Sul lato opposto, accanto al resto del Palazzo degli Ambasciatori, vi è lo straordinario e imponente portale d’ingresso di un altro palazzo, rimasto purtroppo senza nome. Sembra che il Coppedè si sia ispirato direttamente alla scenografia del famoso film muto “Cabiria”, sceneggiato nel 1914 da Gabriele d’Annunzio. Tra loggette, balconcini arabeggianti e mosaici in bianco nero è questo il palazzo che più richiama l’Oriente e le architetture di una delle città italiane più importanti della storia, Venezia.

È chiaro però che tra tutti, l’opera più suggestiva è certamente il Villino delle Fate, il suo capolavoro assoluto, in cui il suo estro creativo si manifesta ai massimi livelli! Sembra quasi una “casina di marzapane”, che richiama alla memoria la descrizione di quella delle fiabe. Si tratta in realtà di una costruzione composta da tre differenti villini, ciascuno con un ingresso indipendente, dalle facciate decorate con pitture, affreschi e stucchi. L’idea alla base è di rendere omaggio alle tre più importanti città italiane: Firenze, Venezia e Roma. Ecco quindi che, tra un gioco di spazi alternati costituiti da torrette, cortili e logge, è possibile riconoscere chiaramente le fiere figure dei sommi poeti Dante e Petrarca, ritratti accanto alla Chiesa di Santa Maria del Fiore, con l’iscrizione Fiorenza Bella; alcuni velieri accanto al leone di San Marco, scelti come tributo a Venezia e ancora, su un delizioso balconcino, la Lupa insieme ai gemelli di Roma. Ma questo mondo fiabesco è popolato da molto altro: cavalieri e dame, antiche divinità romane, animaletti di ogni genere, come api, leoni alati e biscioni che affondano le loro radici negli stemmi araldici delle più note famiglie italiane e ancora, vasi colmi di frutta, splendenti soli, meridiane e importanti simboli antichi come l’albero della vita.
Inoltrandosi poi all’interno del quartiere, è possibile ammirare anche gli altri edifici realizzati dal Coppedè, come il Villino dell’Ambasciata Russa, riconoscibile per il suo bugnato rustico policromo e le raffigurazioni di cavalieri, che doveva rappresentare il limite ultimo dell’intero quartiere verso Corso Trieste. Altri invece sono semplicemente abbozzati, come la sede del Liceo Scientifico Statale “Amedeo Avogadro”, suddiviso in due livelli con in facciata una bella loggia, dal gusto medievaleggiante; la sontuosa dimora in Via Serchio in cui visse, fino alla morte, il tenore Beniamino Gigli.
Insomma, il quartiere Coppedè è un angolo di Roma assolutamente da scoprire. Buona passeggiata!
Autore: L’Asino d’Oro Associazione Culturale
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