
Pasqua a Scicli: la magia della Festa del Gioia, o Uomo Vivo
Alziamolo di peso gioventù, facciamolo saltar
Fino a che arrivi in cima, fino al ciel, fino a che veda il mar
Fino a che vita, che bellezza è la vita mai dovrebbe finirVinicio Capossela, L’Uomo Vivo (Inno al Gioia)
Nemmeno il tempo di resuscitare e già l’hanno portato a mangiare: questa frase di una canzone di Vinicio Capossela esprime in pieno lo spirito di una festa molto particolare, la Festa del Gioia, o Uomo Vivo, che si svolge la domenica di Pasqua a Scicli.
Scicli è un gioiello nascosto nel cuore della Sicilia, uno di quei posti che catapultano il viaggiatore in un mondo parallelo: una monumentale città barocca che sembra un eterno presepe vivente. Situato in provincia di Ragusa, Scicli conta 27 mila abitanti circa ed è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco: non potrebbe essere altrimenti vista non solo la sua bellezza, ma anche e soprattutto le speciali tradizioni che custodisce e rinnova.
Probabilmente la festa più conosciuta di Scicli è il carnevale, u Carnaluvaru ra Stratanova: senza volersi addentrare nell’antropologia o nello studio delle tradizioni popolari, si può tranquillamente affermare che la Pasqua, la festa del Gioia, ha molto in comune con lo spirito tipico dei momenti carnacialeschi. La passione, in Sicilia, è alla base di ogni rito collettivo.
Il rito: la Festa del Gioia, o Uomo Vivo
La festa del Gioia, ufficialmente l’Uomo Vivo, è il Cristo risorto: nessuno può restare indifferente alla prima vista di un rito del genere. Vinicio Capossela gli ha addirittura dedicato una canzone, l’Uomo Vivo -Inno al Gioia, suonando in mezzo a questa tripudio di corpi umani in esaltazione che festeggiano, a modo loro, il Cristo Risorto.
Andiamo con ordine. La festa del Gioia, con l’articolo maschile come si usa spesso in Sicilia, può sembrare un normalissimo rito pasquale locale: messa, processione e pranzo. Quello che la rende speciale è l’estrema passione con cui il Gioia viene festeggiato: l’amore e l’esultanza dei portatori dell’Uomo Vivo.
Appena finita la messa nella chiesa di Santa Maria la Nova, inizia la processione del Venerabile, cioè del SS. Sacramento, il nome ufficiale del Gioia. Subito un numero indefinito di giovani si impossessa letteralmente della statua settecentesca e inizia il vero rito.
Il Cristo viene sollevato con le braccia stese in alto, prima da un lato e poi dall’altro: i giovani gridano “Gioia! Gioia! Gioia!”. Per più di un’ora dentro la chiesa i portatori continuano a sollevare freneticamente la statua, sbilanciandola notevolmente su un lato e poi sull’altro: la passione e l’esaltazione dei portatori si espande a tutta la popolazione intorno.
Come in una sorta di ballo, la statua del Cristo viene fatta ondeggiare, per esprimere il senso di vittoria e felicità per l’avvenuta resurrezione: il Gioia è il Cristo più umano che io abbia mai visto.
La processione inizia in mezzo ai lanci di fiori dei fedeli attorno alla statua e dai balconi: poi il Gioia viene portata in giro per le vie di Scicli, in un trionfo di spinte e leve, di grida e corse che culminano nella girandola, davanti al sagrato della chiesa: i giovani portatori iniziano a far girare la statua su se stessa, fino a formare un cerchio di corpi e legno.
La partecipazione delle persone è totale, così come è evidente l’amore, assolutamente terreno, che nutrono per il Gioia. La stessa parola esprime un affetto e una vicinanza emotiva incredibile e la capacità di guardare al Cristo come ad un essere umano, l’Uomo Vivo appunto.
Raccontare una rito del genere è difficile: il tripudio dei portatori e della folla, l’empatia che si diffonde, l’autentico senso di umanità che avvolge tutti. La statua, avanza ondeggiando, lungo la via Santa Maria la Nova, fino al piano del Consolo: qui esplode di nuovo “maschiata” , u pìttimu. Gli spari di grossi mortai e i fuochi d’artificio avvolgono tutti in un’atmosfera surreale.
Il Giaia procede fino a piazza Busacca: i portatori procedono più veloci e più lenti, alternando il ritmo e l’andatura, attorno alla piazza, al centro della quale c’è la statua di Pietro Di Lorenzo Busacca. Ad un certo punto, quando i portatori sono sfiniti, cedono all’ultimo giro e lasciano la statua dentro la vicina chiesa del Carmine.
All’incirca verso le ore 16 tutto ricomincia: l’Uomo Vivo viene portato di nuovo in processione fino a sera, quando verrà riportata dentro la chiesa con il suo andamento “umano”. Una volta rientrata tutti i fedeli vanno a baciarla, mentre la festa continua fin dopo mezzanotte fra i fuori e le grida al Gioia.
La Festa dell’Uomo Vivo è una di quelle cose da non perdere, se si vuole davvero capire quanto, in Sicilia, il paganesimo si sia intrecciato alla fede cristiana e come si sia riuscito a creare delle tradizioni sincretiche e fortemente simboliche.
Se proprio avete modo di passare la Pasqua a Scicli, potrete avere un assaggio del clima surreale della festa del Gioia, grazie al video realizzato per il singolo di Vinicio Capossela, che si ritrova a cantare in mezzo all’incredibile esuberanza degli sciclitani.
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E’ un piacere per me raccontare queste cose: in Sicilia, e in Italia in generale, abbiamo riti e tradizioni che colpiscono la parte più emozionale dell’uomo, riuscendo a sintetizzare l’apporto delle diverse culture che hanno abitato la nostra penisola. Per non dimenticare che gli italiani sono il risultato di millenni di multiculturalismo! Quindi grazie a voi che le apprezzate…
Grazie Francesca per aver raccontato della festa del Gioia. Non si rimane certo indifferenti davanti a una tradizione tanto singolare in cui la popolazione letteralmente si scatena nel rito religioso. Stupenda!