
Metà Africa metà Europa: Mazara del Vallo e il Couscous
Mazara del Vallo è lì dal 409 avanti Cristo: in lingua araba il suo nome significa “porto” ed è proprio questo che la città fa dall’epoca in cui i cartaginesi la occuparono, creando un presidio marittimo di Selinunte.
La ricchezza e la varietà della cultura gastronomica siciliana, che dalle sue dominazioni ha saputo trarre il meglio, è evidente in molti posti: Mazara del Vallo è uno di quei luoghi che sembra riassumere la storia in un istante, non solo nei suoi piatti, ma anche nell’architettura e nelle atmosfere.

Mazara del Vallo e gli arabi
Moltissimi popoli hanno visitato Mazara del Vallo, lasciando una traccia indelebile: fenici, greci, cartaginesi, romani, bizantini, vandali, goti, arabi, normanni, svevi, angioini, aragonesi e borboni. L’influenza maggiore, all’epoca dei musulmani come oggi, rimane quella del Nord Africa: sono tanti gli abitanti della città con origini magrebine.
La sua fama storica, Mazara, la deve proprio agli arabi: è durante la dominazione musulmana, infatti, che la città raggiunge il suo massimo splendore. Dall’ 827, quando i condottieri arabi sbarcarono sulle sue coste per renderla uno dei più importanti porti del Mediterraneo, sono stati moltissimi gli artisti, i cantori e gli scrittori che hanno magnificato Mazara del Vallo per il suo splendore e per l’accoglienza.

L’impronta araba, a Mazara, si nota ovunque: la prima cosa che salta agli occhi è sicuramente l’assetto urbano. La Kasbah eretta dagli arabi, con il suo intreccio di vicoli e stradine, è rimasta intatta, inframezzata dagli archi e dai cortili tipici delle medine islamiche.
La cucina di Mazara del Vallo
Mazara e il pesce, un amore senza fine: cuore pulsante della città, infatti, è il suo porto, che si trova vicino alla chiesa normanna di San Nicolò Regale, risalente al 1124. Il porto di Mazara non dorme quasi mai: al mattino prrsto, lungo il Porto Canale, le imbarcazioni rientrano dalla pesca d’altura, mentre altre si preprarano per la pesca successiva. Nel frattempo, la città si sveglia e così il suo commercio: il porto è sempre gremito di gente, impegnata nella compravendita del pesce.

Sono tantissime le varietà di pesce che il Canale di Sicilia offre e che da Mazara poi ripartono per rifornire i ristoranti della zona e non solo. Il pesce azzurro in primis, con sarde e acciughe: ma vengono pescati anche molluschi come calamari e gamberoni, e in particolare il tipico gambero rosso di Mazara. E ancora: seppie, totani, scorfani, triglie, pesce san pietro e, naturalmente, il pesce spada.

Un tipico primo mazzarese è la pasta con le sarde, utilizzate anche a beccafico: ovvero cotte al forno e arrotolate con un composto di pan grattato, aglio tritato, prezzemolo, uva sultanina, pinoli, sale, pepe e olio d’oliva. Un altro primo locale molto amato sono i busiati con le uova di pesce san pietro: una pasta fatta a mano che prende il nome dalla “busa”, il ferro da calza usato per prepararli.
Il couscous di pesce o Cuscus alla mazzarese
Un paragrafo a parte merita il couscous mazzarese, simbolo di integrazione culturale ed enogastronomica: un piatto che arriva sulle coste di San Vito Lo Capo e Mazara del Vallo intorno all’800, grazie ai lavoratori immigrati dalle coste magrebine.
A San Vito Lo Capo, nel trapanese, da Mazara del Vallo, passando per Marsala, fino alle isole Egadi, il cous cous è diventato ormai un piatto locale, distinto anche tecnicamente da quello magrebino. Oltre a sostituire il pesce alla carne, infatti, un’altra differenza sostanziale è nel modo di incocciare, cioè lavorare a mano la semola, che in Sicilia è più grossa rispetto a quella tunisina.
Sarebbe più giusto scrivere Cuscus e pronunciare, in dialetto, cuscusu: è questo ormai il nome ufficiale del piatto magrebino, che a Mazara trova il suo trionfo nell’accostamento con il brodo di pesce.

La versione locale del couscous richiede degli utensili specifici: uno di questi è la cuscusiera, in dialetto a pignatta du cùscusu, cioè una sorta di colapasta di terracotta verniciata, con il fondo piatto e il coperchio. Insieme ci sarà una pentola dai bordi alti che può ospitare la cuscusiera: questo per la cottura a vapore della semola incocciata. Un altro utensile locale è la mafarradda, un contenitore di terracotta con le pareti ricurve e fondo piatto, in cui vengono legati i granelli di couscous.
Le ricette del couscous siciliano sono abbastanza simili: alla base c’è sempre la zuppa di pesce, ma può variare per la presenza di verdure e per la grandezza dei grani di semola. Una versione altrettanto famosa di quello mazzarese è il couscous pantesco: qui i grani sono più grossi, ed è servito con il pesce deliscato mescolato alla semola e non a parte, come avviene invece nel trapanese.

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