
La mia avventura a Bucarest come volontario europeo
Immaginate prendere un ragazzo appena maggiorenne, che non ha mai vissuto altrove se non in un piccolo paesino della Sardegna con i suoi genitori, e metterlo in una capitale europea di quasi due milioni di abitanti. È da qui che parte il mio viaggio a Bucarest.
Una partenza tragica
Un po’ per sfida, un po’ per curiosità e un po’ perché non so che strada percorrere, decido di intraprendere un esperienza di volontariato europeo con l’agenzia rumena A.C.T.O.R.S. dopo il liceo, precisamente da novembre 2019 fino a maggio 2020. Sgombero la mente dai pregiudizi e dai disincentivi di molte persone con cui parlo, mi armo di coraggio (e di google maps) e parto.
L’ inizio, come quello di tutte le storie più epiche, è tragico. Un buco di appartamento vecchissimo, mal ridotto, decadente mi avrebbe dovuto ospitare nel settore 4 della città, assieme ad altri cinque coinquilini. La mia camera è in condivisione con un simpatico portoghese che fin dalla prima notte decide di affumicare completamente la stanza fumando.
Nei giorni seguenti conosco l’ intero gruppo di volontari, che mi aiuta ad ambientarmi e a conoscere i lavori che sarei poi andato a svolgere. Una trentina di ragazzi e ragazze ventenni e una decina di nazionalità diverse: Spagna, Danimarca, Portogallo, Finlandia, Italia, Francia, Germania, Austria, Ungheria e Belgio. Con il mio pessimo inglese riuscire a comunicare (e di conseguenza ad integrarmi) è molto difficile ma fortunatamente ad aiutarmi ci sono gli italiani un po’ più ferrati con la lingua. Tra loro, un mio compaesano sardo, con cui spalleggio per tutta l’esperienza.
Euforia
Durante il primo periodo vengo avvolto da una grande euforia; adoro quella sensazione di libertà e spensieratezza, mi sento senza preoccupazioni in un mondo nuovo tutto da scoprire, insomma, sono un bambino in un parco giochi.
La città mi piace, è caotica, rumorosa, frenetica: tutto l’opposto del paese da cui arrivo. Ho tutto a portata di mano, posso andare e tornare dal centro in un’oretta, grandi centri commerciali, club, feste, parchi enormi e tanto altro a qualche fermata di metro. Contrariamente ai classici pregiudizi, trovo la maggior parte della popolazione locale molto ospitale e ben disposta nei miei confronti. Col passare del tempo mi consolido sempre più nel team di lavoro, conosco persone, stringo relazioni. Mi ritrovo nelle situazioni più disparate e mi arricchisco di divertenti aneddoti da raccontare quando tornerò.
Viaggiare mentre si studia
Sinaia: un grazioso borgo tra le montagne
Durante il mio soggiorno per noi volontari era frequente uscire fuori da Bucarest per andare a visitare altre città e paesi rurali, dove spesso troviamo anche altri gruppi di volontari. Non avendo molti Lei( moneta rumena) a portata di mano, in quanto ci veniva dato soltanto un piccolo mantenimento mensile, eravamo soliti fare autostop. Tra le mete visitate ricordo con molto piacere Sinaia, un grazioso borgo storico immerso in un paesaggio montano. Lì ho avuto modo di esplorare il castello di Peles, in una fantastica giornata di neve.



Animazione scolastica ed ospedaliera
Ad alimentare la botta di vitalità sono le attività di volontariato che andiamo a svolgere. Durante la settimana infatti siamo a stretto contatto con i bambini (generalmente dai 5 ai 13 anni) e le operazioni si dividono in:
- Animazione negli asili;
- lezioni nelle scuole elementari e medie;
- spettacoli negli ospedali;
- spedizioni fuori città verso le comunità più povere, dove portiamo cibo, vestiti e altre utenze di prima necessità.
Quando per la prima volta mi viene detto di dover preparare un’animazione per una classe d’ asilo rimango perplesso. E adesso cosa mi invento? Come intrattengo venti o trenta bambini? Ma in realtà è bastata qualche palla colorata, giochi, origami, fogli e pennarelli; il resto è venuto da sé. Con il tempo ci prendo gusto, le classi aumentano e io torno bambino giocando spensieratamente assieme a loro. Di lì a poco inizio a strutturare delle vere lezioni per le classi elementari, elaboro quiz, giochi e progetti da svolgere durante le lezioni. Il tutto mi diverte e lo trovo incredibilmente stimolante.
Per quanto riguarda l’animazione ospedaliera è la prima volta che provo delle sensazioni simili: tastare con mano delle situazioni di disagio così forti mi fa acquisire una consapevolezza maggiore, mi responsabilizza. Riuscire a donare due ore di spensieratezza e felicità a bambini in grave difficoltà, con particolari patologie, che combattono contro un tumore o che sono state vittime di incidenti è una sensazione veramente gratificante. Durante quei momenti mi sento vivo, sto bene.
La pandemia e la diffidenza verso gli italiani
Intorno a fine febbraio e inizio marzo 2020 l’aria inizia a farsi tesa, arrivano le prime notizie riguardo la pandemia da Covid-19. L’ Italia è nell’occhio del ciclone. Inizia a diffondersi una sorta di razzismo da parte della popolazione rumena nei confronti degli italiani: in bus, quando sentono la mia lingua, mi squadrano e tengono la distanza; al supermercato se sentono che sono italiano borbottano preoccupati, insinuando le peggio cose; una mia collega viene quasi cacciata dall’ ospedale con l’accusa di essere italiana (era finlandese); nelle scuole, i bambini ci chiedono spaventati se siamo italiani e da quanto tempo siamo in Romania. Insomma, avrei dovuto cambiare nazionalità per continuare a vivere tranquillamente.
È proprio mentre organizzo un viaggio per Baia Mare, località al nord della Romania, che le misure restrittive pandemiche vietano gli spostamenti fuori città, fino al lockdown definitivo. È un colpo basso realizzare di non poter sfruttare a pieno quegli ultimi due mesi. Le attività vengono interrotte, anche se continuano sporadicamente le lezioni a distanza. Molti volontari, preoccupati, decidono di abbandonare il programma per tornare dalle loro famiglie, come biasimarli. Ci dimezziamo nel giro di un mese. L’ umore collettivo è a terra, ci sentiamo privati delle uniche cose per la quale siamo lì: viaggiare e fare volontariato, distanti dai nostri cari. Nonostante ciò riusciamo a farci forza l’un l’altro, siamo un gruppo, una famiglia. Ci sosteniamo e ci facciamo compagnia, supportandoci vicendevolmente fino alla fine del progetto.
L’ importanza di viaggiare
La lista degli insegnamenti che ho appreso durante questa esperienza è infinita. Tra i tanti, sul lato pratico, ho migliorato notevolmente il mio inglese, ho imparato le tecniche base dell’animazione. Ho migliorato la capacità di lavoro di squadra, il rapporto verso un pubblico e la gestione di situazioni stressanti. Ho capito quanto sia fondamentale non farsi condizionare dal giudizio altrui, ma perseguire le proprie ambizioni incondizionatamente. Sul lato umano mi sono interfacciato a situazioni di reale disagio che mi hanno sensibilizzato su temi importanti. Ho scoperto l’importanza di viaggiare e uscire dalla propria zona di comfort; ho scoperto quanto sia bello scoprire nuovi ambienti, nuove culture, tradizioni e quanto lo scambio di informazioni con le persone (specialmente di diversa cultura) possa arricchirti.
È con le lacrime agli occhi e l’amaro in bocca che dico addio al mio gruppo (o meglio, a quel che ne rimane), alla Romania e a l’esperienza che più di tutte mi ha segnato la vita.