
Dolomiti, musica e parole: la Banda Osiris e Michele Serra per La buona pianta
Perché un padre dovrebbe spingere un figlio ad andare con lui per i monti, inerpicandosi per un fantomatico Colle della Nasca, sentendosi rispondere quasi sempre di no? Qual è il significato profondo del legame dell’uomo con la montagna e a cosa serve trasmetterlo ad un figlio? Cerca di sviscerarlo, con la sua scrittura ironica e pungente, Michele Serra che, circondato dalle Dolomiti legge Gli sdraiati, per La buona Pianta.
Il festival, organizzato da Aboca, oggi ci ha portato sul Monte Bondone in collaborazione con Suoni dalle Dolomiti, per uno spettacolo unico, in cui la magnificenza delle montagne trentine si intreccia a musica e parole. E quest’anno, ventennale della manifestazione sonoro-naturistica, tocca all’ultimo libro di Michele Serra, Gli Sdraiati, ad allietare montagne, pendii e vallate, canzonato dalle sfilettatature musicali della Banda Osiris.
Il rifugio Viato accoglie migliaia di persone che si godono l’introduzione, irriverente come sempre, della nota banda musicale. Qualche goccia di pioggia e un leggero venticello non fermano chi vuole godere della simbiosi unica fra musica e montagna. Una simbiosi che la Banda Osiris affronta con leggerezza ed euforia, aprendo la strada alle parole di Michele Serra.
Indagare le difficoltà del rapporto padre-figlio significa inoltrarsi su una strada impervia, soprattutto per un padre protagonista di quel racconto: la montagna interviene, come strumento simbolico che traccia la via, la via della crescita e della separazione dei due.
Viaggi ad alta quota
Un passaggio inevitabile ma doloroso, che implica il gesto mentale del “lasciare andare” un figlio, per permettergli di affrontare la vita in un modo che il padre non può programmare, con uno sguardo su cui non può influire, accettando che il proprio compito sia quasi terminato. E accettando di invecchiare.
Uno spettacolo che le Dolomiti hanno amplificato, con il riverbero naturale creato dagli spazi ampi e dalle vette lontane: un modo per “animare” la natura in modo dolce, senza traumi, ma anzi nutrendole attraverso il valore aggiunto dell’arte condivisa.