gulasch

Dall’Ungheria con calore: storia e ricetta del Gulasch

Zuppa del Mandriano: un nome, una promessa. Sono pochi quelli che conoscono il secondo nome di uno dei piatti europei più famosi al mondo, il Gulasch. Una pietanza che viene dalla Turchia e fonda le sue radici europee in Ungheria: da lì, questa ricca ricetta invernale si è diffusa in tutta l’Europa centro-orientale, Italia compresa, generando moltissime varianti.

Il Gulyás-leves, o zuppa del mandriano, è un piatto che deriva dalla cucina povera e nasce da precise esigenze lavorative: gli allevatori di bovini che attraversavano la pianura stepposa tipica del bassopiano magiaro, la puszta, avevano bisogno di un piatto da conservare facilmente e preparare in maniera veloce. Nondimeno, volevano qualcosa di “confortante”. Il Gulasch, infatti, ha tutti i crismi di quello che si potrebbe definire, con una forzatura, confort food europeo.

La ricetta antica

Il nome, che deriva dalla parola bovaro, evoca dunque i lunghi viaggi dei mandriani che partivano dall’estremo est europeo per portare i capi più pregiati della razza podolica in città come Vienna, Norimberga o Venezia. La sua natura di piatto “da transumanza” fa si che la ricetta si sia diffusa in tutta Europa. Oltre al pörkölt, cioè il vero gulash ungherese, si cucinano zuppe molto simili al Gulyàsleves anche in Slovenia, Austria, Croazia e nel Nord Italia.

Gulasch zuppa ungherese
Gulasch soup

La ricetta antica prevede la cottura della carne insieme alle cipolle, fino a far rapprendere tutta l’acqua di cottura: la pasta di carne ottenuta si faceva seccare al sole su assi di legno. Una volta seccata, veniva conservata in contenitori di pelle: a sera, dopo essersi accampati, i mandriani scioglievano una porzione di carne secca dentro l’acqua calda, ottenendo così una zuppa confortevole.

Le storia e le varianti del Gulasch.

La forma originaria del gulasch era dunque quella della zuppa: la sua diffusione ne ha creato diverse varianti. In Austria e Italia, ad esempio, il gulasch è un secondo molto più asciutto di quello ungherese: in Germania si aggiungono spesso i crauti e la panna acida. Come già detto, nella sua patria d’adozione, l’Ungheria, il gulasch si chiama Pörkölt e viene servito con la Galuska, cioè gli gnocchetti di farina.

Ma ci sono degli elementi imprescindibili che in un vero gulasch non possono mancare: la carne di bovino -ma in Ungheria si usa anche quella di vitello, maiale, agnello o cervo-  lo strutto, la cipolla, la farina e la paprika. Il suo caratteristico colore rosso, infatti, è dato dall’abbondante uso di paprika che, a differenza di quello che credono in molti, non da al piatto una nota molto piccante. La paprika, infatti, è polvere di peperone dolce: aggiungere il peperoncino al gulasch è severamente vietato.

Questa nota di colore e sapore dato dalla paprika, detta anche pepe ungherese, è una delle caratteristiche che hanno reso famoso questo piatto in tutto il mondo: eppure, pare che in origine non ci fosse. La sua comparsa risale al 1700 quando il gulasch, da piatto povero della tradizione contadina, diventa un piatto caro anche ai nobili ungheresi.

Gulasch austriaco
Gulasch austriaco

L’affermazione del gulasch come piatto nazionale ungherese avviene durante il regno di Giuseppe II della famiglia Asburgo-Lorena, detto Il Riformatore. Giuseppe fu imperatore del Sacro Romano Impero dal 1765, fino alla sua morte, nel 1790: già prima di quello che sarebbe stato il futuro impero austro-ungarico, i popoli del centro Europa venivano vessati dai regnanti, che cercavano di eliminare gli elementi di diversità e le peculiarità culturali. I nobili ungheresi trovarono nel gulasch un simbolo che rappresentava la propria identità nazionale, proteggendolo e tramandandolo anche durante i periodi di maggiore repressione.

In Italia, il gulasch è molto diffuso nel Triveneto, soprattutto nei territori di confine con Austria, Croazia e Slovenia: ma si mangia anche della città di Ancona, storicamente molto affine alla cultura dell’Europa orientale.

La ricetta del Gulash

Ingredienti. 2 kg di manzo, 1 kg di cipolle, 120 g di strutto (in alternativa potete usare anche il burro), 30 gr o un cucchiaio abbondante di paprika dolce, 30 gr di farina, 300 ml di vino rosso, 400 ml di brodo di carne, aglio, sale, pepe, erbe aromatiche come salvia, timo e rosmarino, un pizzico di cumino e uno di paprika forte a piacere. In alcune varianti più “italianizzate” si usa anche la scorza del limone e i semi di finocchietto.

Preparazione. Tagliare la carne a cubetti, eliminare il grasso in eccesso e con i resti preparare il brodo. Pulire le cipolle, affettarle finemente e farle appassire in padella con lo strutto. Schiacciare l’aglio e unirlo alle cipolle appena imbiondite, insieme alla paprika: dovrete poi recuperarlo ed eliminarlo. Quando le cipolle sono dorate aggiungete la carne, le erbe aromatiche, coprire e lasciare rosolare a fiamma media per 15 minuti.

Quando la carne è ben rosolata, sfumate con il vino, aggiungete la farina, il cumino e poi il brodo: fate cuocere per circa due ore, mescolando di tanto in tanto, e aggiungendo altro brodo (o acqua) se si asciuga. Il piatto sarà pronto quando la carne sarà tenera e la cipolla completamente sciolta nel sugo.

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Francesca Fiore

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