
Il Castello dell’Amendolea, un affaccio unico sul Mar Ionio e sull’area grecanica
Bovesìa, Area ellenofona, Calabria greca, Area Grecanica sono i nomi usati per definire la parte della provincia di Reggio Calabria dove persiste ancora l’antica lingua della Magna Grecia calabra, un idioma antico e affascinante, creolo unico nel suo genere, che veniva parlato nelle colonie greche che si insediarono in questo lembo di terra dell’estremo sud della penisola italiana di cui “capoluogo” è Bova.
In questo ombelico del mondo si alternano dal cuore dell’Aspromonte, fino a tuffarsi nel Mar Ionio, pendici montane semidesertiche e fiumare, torrenti che d’estate di prosciugano completamente dando al visitatore l’impressione di trovarsi in un vero deserto in cui i ciottoli del letto del torrente si alternano a piante grasse e distese di vegetazione secca, a volte bruciata.
In questo contesto ambientale e sociale sorgono numerosi ruderi di una grande storia passata che difficilmente tornerà a vivere nel suo splendore ma che nella sua semplicità offre spunti di memoria da non dimenticare.
Amendolea è il nome della più importante e ampia fiumara dell’area grecanica.
La storia della Calabria greca
Amendolea è, anche, una frazione del comune di Condofuri e si trova a circa 5 chilometri dal mare risalendo l’omonima fiumara. In automobile è possibile raggiungerla percorrendo la strada verso il paese di San Carlo che parte dalla statale 106 all’altezza di Condofuri Marina. Lungo il tragitto troverete delle fontane in cui l’acqua sgorga da tubi metallici che sembrano uscire direttamente dalla roccia, è sempre fresca ed è considerata una delle acque migliori della zona. Se siete in bicicletta sicuramente troverete un po’ di rinfresco nel dissetarvi.
L’Amendolea è da segnalare per le antiche rovine del Castello dei Ruffo di Calabria (il cosiddetto Castello dell’Amendolea) che si stagliano su un cucuzzolo a ridosso del letto della fiumara, omonima, una volta navigabile. E’ infatti qui che gli autoctoni si ritirarono per sfuggire alla furia delle invasioni saracene che devastavano le coste. Il sito è abbandonato per cui di fatto è possibile visitare del tutto liberamente solo dei ruderi. La visuale è mozzafiato e il posto è estremamente suggestivo il che stimola l’immaginazione al punto di immedesimarsi nella popolazione che lo abitava (lungo la rocca sono presenti anche i resti di numerose abitazioni) che da quello straordinario punto di osservazione poteva avvistare le navi dei mori giungere pericolosamente sulle coste e tentare di risalire la fiumara ai tempi navigabile…
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[…] mori e saraceni. Infatti, quasi tutte le fortezze della zona ionica calabrese risultano distrutte e semi distrutte mentre Motta Sant’Aniceto è la fortezza meglio conservata. Nel corso dei secoli ha […]