
Carnevale in Barbagia, viaggio nelle tradizioni ancestrali della Sardegna
Giorgio SittaLa Barbagia, il cuore della Sardegna, è il luogo dove le tradizioni resistono nel tempo. Il territorio barbaricino occupa i versanti del Gennargentu, il massiccio montuoso con le cime più elevate di tutta l’isola ed è il luogo ideale per chi vuole scoprire la Sardegna più autentica. Qui scoprirai una Sardegna distante dall’immaginario comune che vede l’isola come il regno del mare azzurro e del lusso, una Sardegna caratterizzata da piccoli paesini, territori naturali difficili e aspri, cucina popolare e persone semplici che accolgono ogni visitatore con felicità e calore.
Partecipare agli eventi del Carnevale è sicuramente uno dei modi migliori in cui scoprire l’identità arcaica dell’isola, la sua storia e le sue origini, già solo i costumi e le sfilate raccontano le storie e le leggende legate ai miti greci e alla vita antica della Sardegna. Di seguito ti racconto le maschere tradizionali più spettacolari e conosciute da vedere durante questa emozionante festa mascherata.
Le maschere tradizionali più famose del Carnevale barbaricino
Il Carnevale in Barbagia è un evento molto diverso da quella festeggiato in tutte le altre regioni d’Italia. Le sfilate e le esibizioni fanno riferimento a riti arcaici legati al mito di Dioniso, la divinità greca che incarna la nascita e la morte della natura e degli esseri viventi. Se negli anni le tradizioni del Carnevale sardo sono state influenzate e ammorbidite in quasi tutta l’isola, i paesi della Barbagia sono riusciti a conservare fedelmente le tracce di questo rito cruento e tragico di cui ogni paese enfatizza un aspetto diverso nei costumi, nelle movenze e nei suoni. I paesi di Mamoiada, Orotelli e Ottana sono i 3 borghi barbaricini più popolari per le loro tradizioni carnevalesche in cui il rito è vissuto ancora oggi come nel passato.

I Mamuthones e Issohadores di Mamoiada, il Carnevale sardo conosciuto in tutto il mondo
Mamoiada è considerata la capitale del Carnevale sardo e i mamuthones sono probabilmente le maschere più conosciute e che meglio identificano questa festività in Sardegna. Tipica del culto dionisiaco, il mamuthone porta una maschera nera e lignea sul viso, indossa pelli di pecora, su mucadore, ossia il copricapo tradizionale sardo e dei campanacci sulla schiena che risuonano sordamente durante la loro danza. Gli issohadores rappresentano i guardiani che li accompagnano e hanno un aspetto molto più vivace caratterizzato da un giubbetto rosso acceso, una maschera bianca in legno, sa berritta, il tradizionale cappello da uomo e sa soha, la corda realizzata da artigiani locali che durante la sfilata viene lanciata addosso a qualche spettatore, mimando la cattura della vittima. La sfilata che ha luogo durante i giorni della festività è molto suggestiva, i mamuthones si muovono e saltellano follemente in gruppi di dodici per le vie del paese e gli spettatori rimangono attoniti, qualcuno si spaventa anche e chi viene preso al laccio dagli Issohadores deve riscattarsi solitamente offrendo da bere.
Merdules e Boes di Ottana, il rito carnevalesco più selvaggio dell’isola
In una danza che si trasforma in inseguimento, i Merdules e i Boes sono le maschere più selvaggia del Carnevale sardo. I Boes rappresentano i buoi e indossano pelli di pecora bianca, una maschera taurina e un grappolo di campanacci che raggiunge anche il peso di 40 kg. I Merdules invece sono i guardiani dei buoi, anche loro indossano pelli di pecora bianca e una maschera nera deforme e ghignante. La sfilata di Ottana è caratterizzata da movenze estreme, i Boes che cercano di scappare e liberarsi dalla presa dei guardiani mentre i Merdules gridano e li pungolano con un bastone per mantenerli in fila. Un’altra maschera li accompagna durante la sfilata: Sa Filonzana. L’unico personaggio femminile del Carnevale sardo rappresenta una vedova in lutto. Essa cammina filando la lana, questo filo simboleggia la vita degli uomini che la donna minaccia di tagliarla a chiunque non la rispetti (e non le offre da bere).
Thurpos a Orotelli, la maschera di Carnevale a viso scoperto
Volti ricoperti di fuliggine, lunghi cappotti di orbace e campanacci, i Thurpos di Orotelli Carnevale mettono in scena la vita agropastorale della Sardegna. Durante la sfilata essi camminano per le strade del paese in gruppi di tre: due rappresentano i buoi che tirano l’aratro di legno che, come spesso succedeva in campagna, non vogliono partire e non seguono la via; per questo motivo entra in scena il terzo componente che rappresenta il pastore che li conduce e li pungola. Si tratta di uno spettacolo emozionante e durante la sfilata si uniscono a loro anche diverse figure che interpretano altri protagonisti della vita agreste di un tempo come il Thurpos seminatore che sparge crusca come buon auspicio o il Thurpos maniscalco che simula la ferrata dei buoi. Ogni anno, il Martedì Grasso è la giornata più importante della festa perché i Thurpos offrono da bere agli spettatori prima di esibirsi nel suggestivo ballo detto Su ballu de Sos Thurpos.
Gli altri paesi delle Barbagia in cui festeggiare il Carnevale
Se Orotelli, Mamoiada e Ottana sono i paesi più famosi della Barbagia in cui ammirare il Carnevale, nei dintorni ci sono altrettanti piccoli territori in cui i festeggiamenti sono degni di nota e che anche loro attingono alla mitologia e alle tradizioni pagane. Negli ultimi anni alcuni paesi barbaricini si sono impegnati tanto e hanno cercato di riportare in auge i riti antichi che, grazie alla calorosa partecipazione degli abitanti locali, animano e fanno rivivere la magia del Carnevale in Barbagia portando all’attenzione del visitatore celebrazioni tragiche e drammatiche che raccontano la vita di un tempo.

Il Carnevale a Fonni, la lotta dell’uomo con la natura
Fonni è il paese più alto della Sardegna caratterizzato da un territorio difficile che Grazia Deledda nel suo libro intitolato “Cenere” descrive così:
“Fonni, con le sue case di scheggia e i suoi viottoli di pietra, sfida i venti e i fulmini”.
In questo borgo montano si celebra il carnevale fonnese che mette in scena la continua lotta tra uomo e natura e i cui protagonisti sono S’Urthu, l’orso, e Sos Buttudos, il suo padrone o domatore. S’Urthu, vestito di pelli di montone o capra con al collo un grosso campanaccio, ha il viso annerito ed è tenuto al guinzaglio da Sos Buttudos. Questi ultimi indossano cappotti di orbace scuri e a tracolla una fila di “sonaggias”, ossia campanacci che riecheggiano rumorosi durante la sfilata. Durante il corteo, s’Urthu, in un continuo tentativo di liberazione dal suo padrone, cerca di scappare e si arrampica su alberi e balconi con movenze impulsive e aggressive tipiche del comportamento animalesco mentre Sos Buttudos lo tengono con una corda di ferro e lo inseguono cercando di domarlo.
Il Carnevale musicale di Gavoi
Gavoi è uno splendido borgo della Barbagia in cui il Carnevale si differenzia molto dai paesi vicini. Senza piani o inquietanti maschere, i protagonisti del carnevale gavoese sono gli strumenti musicali della tradizione sarda. Tutto il paese si anima e tra le sue vie si sentono i leggiadri suoni dei tamburini, dei triangoli e dei flauti, filastrocche e poesie cantate, i passi di danza e le risate di giovani e adulti che festeggiano insieme accompagnati da un buon bicchiere di vino. La tradizione vuole che il Carnevale a Gavoi inizi giovedì grasso con il ritrovo di centinaia di tamburini (sa sortilla ‘e tumbarinos) che suonano tamburi costruiti interamente a mano con pelli ovine o caprine. Da questo momento, per tutti i giorni a seguire fino al mercoledì delle ceneri, l’euforia del borgo si scatena in canti e balli allegri e gioiosi. La notte del martedì grasso Zizzarone, il fantoccio del carnevale, viene bruciato su un rogo per dare addio alla festa e il suono delle campane segna definitivamente la fine del carnevale e l’inizio della quaresima.

La sfilata carnevalesca più cruenta della Sardegna: il rito di su Battileddu a Lula
Anche se Lula fa parte della vicina regione storica delle Baronie e non della Barbagia, la festa del Carnevale di questo piccolo paese è da vedere almeno una volta nella vita. L’origine del rito carnevalesco di Lula è da ricercare nelle antiche celebrazioni precristiane relative al mito di Dioniso. Su Battileddu è il protagonista e rappresenta probabilmente lo scemo del villaggio, una persona considerata inutile che è possibile sacrificare in cambio di una buona annata di fertilità dei campi. Su Battileddu indossa pelli di pecora o montone nere, sangue mischiato a fuliggine sul volto, al petto sos marrazzos, i tipici campanacci del carnevale e sulla testa delle corna caprine e delle viscere di un caprone, chiamate in sardo sa ‘entre ortada. Anche sul petto conserva tra il vestiario uno stomaco animale ricolmo di sangue. La sfilata mette in scena il sacrificio del Battileddu che viene seguito, strattonato e trascinato da sos Battileddos Massajos, i custodi della vittima che lo tengono legato e cercano di pungere gli stomaci per far uscire il sangue. Durante l’uscita per il paese sono presenti anche sos Battileddos Gattias, uomini vestiti da vedove che cercano di opporsi al destino crudele di su Battileddu e che intonano canti funebri. È un corteo lugubre in cui la vittima si muove tra umiliazioni e scie di sangue consapevole del suo cammino verso la fine. Quando la vittima cade per terra è il momento della morte e subito arriva la rinascita e l’inizio della festa.

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