Città della Pieve

Blogtour a Città della Pieve, l’antico borgo dello zafferano

Là dove i declivi occidentali dell’Umbria si protendono verso la Toscana, tra la fertile Valdichiana e le placide sponde del Lago Trasimeno, si erge un incantevole borgo dalla plurisecolare storia. È Città delle Pieve, in provincia di Perugia, posta sulla sommità di un colle, a 508 metri sul livello del mare, e circondata da un’ubertosa campagna dai magici colori.

Un gioiello che lo storico dell’arte francese Jacques Camille Broussolle, nel suo “Pélegrinages Ombriens” (1896), ebbe a definire «la città più meravigliosa dell’Umbria». E in effetti, senza togliere nulla agli altri splendidi borghi del cuore verde d’Italia, questo centro di circa 7.800 abitanti rappresenta davvero una tappa obbligata per chi ama la storia, l’arte, il folklore e anche la buona tavola.

Del resto, la sua felice posizione al centro dello Stivale rende Città della Pieve facilmente raggiungibile da gran parte del resto del Belpaese. Chi giunge in treno, può servirsi della stazione ferroviaria della vicina Chiusi-Chianciano Terme, utilizzando poi una comoda linea d’autobus.

Chi, invece, preferisce utilizzare la propria autovettura, può percorrere l’Autostrada del Sole, uscendo al casello “Chiusi-Chianciano Terme”: superata la città di Porsenna, Città della Pieve si raggiunge in una decina di minuti.

Proprio di quest’ultima soluzione si è servito chi scrive, che ha partecipato ad un azzeccatissimo blogtour organizzato in occasione dell’edizione 2017 di “Zafferiamo” (dal 20 al 22 ottobre).

Campagna pievese
Lo spettacolo di colori offerto dalla campagna pievese, in questo caso dalle viti

Una storia ultramillenaria

Un borgo non si può descrivere né comprendere senza conoscerne la storia.

E quella di Città della Pieve poggia su origini che restano, in parte, ancora avvolte nel mistero.

L’area ove oggi sorge il borgo era senz’altro popolata in epoca etrusca, stante la vicinanza con la potente lucumonia di Chiusi e come confermato dal rinvenimento di tombe e reperti archeologici.

Incastonato nel cuore dell’Etruria, il colle pievese fu noto in età romana come Monte di Apollo, probabilmente per la presenza di un tempio dedicato al dio del Sole.

La rilevanza “spirituale” del sito si protrasse anche in epoca paleocristiana, tanto che ivi sorse una pieve (plebs) intitolata a San Gervasio. Allorché, sotto la dominazione longobarda, l’area fu fortificata, nacque il toponimo “Castrum Plebis Sancti Gervasi”, divenuto poi “Castrum Plebis” e quindi Castel della Pieve.

Rilevante crocevia tra Perugia e Siena, potenze rispettivamente guelfa e ghibellina, il borgo fu a lungo dominato dalla città del Grifo, a cui non di rado la popolazione locale, tradizionalmente filoghibellina, tentò sovente di ribellarsi.

Nella prima metà del XVI secolo, papa Clemente VII assoggettò il borgo direttamente al controllo pontificio. Da quel momento, Castel della Pieve sarebbe stato a lungo affidato a governatori di nomina papale, per lo più cardinali o stretti parenti degli stessi pontefici.

L’epoca dei Della Corgna

Nel 1550, Papa Giulio III (al secolo Giovanni Maria Ciocchi del Monte, il pontefice savinese già menzionato in un mio precedente articolo), per sdebitarsi con la sorella Giacoma di un importante prestito da questa versato alla Santa Sede, le assegnò l’amministrazione del feudo pontificio di Castiglione del Lago e del Chiugi. Ai margini di quest’ultima area, posta ad ovest del Lago Trasimeno, sorgeva proprio Castel della Pieve, che fu così data in amministrazione al figlio di Giacoma, il celebre capitano di ventura Ascanio della Corgna.

Vicolo pievese
Uno dei caratteristici vicoli pievesi sul retro di Palazzo della Corgna

Personaggio, quest’ultimo, che fu tra i più importanti della storia non solo locale, distinguendosi per le sue imprese militari, per l’abilità di spadaccino e persino per il proprio genio di ingegnere militare.

Ma, già nel 1555, Giulio III passò a miglior vita. Quell’anno, dopo il brevissimo pontificato di Marcello II, il nuovo papa Paolo IV (il “mastino” dell’Inquisizione, creatore del Ghetto ebraico di Roma, anch’egli menzionato in un mio precedente articolo), all’apice di contrasti con Ascanio, gli sequestrò l’intero patrimonio, revocandogli anche l’amministrazione di Città della Pieve.

Ascanio dovette attendere il 1563 per riscattarsi: il successivo pontefice Pio IV, infatti, lo elevò a Marchese di Castiglione del Lago e del Chiugi. Già nel 1564 Pio IV lo fece imprigionare a Castel Sant’Angelo, sulla scorta di una serie di turpi accuse (stupri, sequestri e persino omicidi). Ma nel 1565, in occasione dell’assedio turco di Malta, Ascanio fu rilasciato: troppo importante era il suo genio militare per potervi rinunciare in una fase tanto cruciale della difesa della cristianità. E infatti, tornato vincitore, Ascanio fu pienamente reintegrato alla guida del Marchesato. Nel 1571, di fronte al nuovo incombere della minaccia turca, il condottiero riprese le armi, stavolta in direzione di Lepanto. Nella celebre battaglia del 7 ottobre di quell’anno, la Lega cristiana ebbe nuovamente la meglio degli Ottomani. Ma, durante il rientro in Italia, Ascanio cadde gravemente malato. Il successivo 3 dicembre si spense a Roma, ove gli era stato consigliato di fermarsi nel vano tentativo di ristabilirsi.

Il Castello diventa “Città”

Svincolato dal Marchesato, Castel della Pieve fu assegnato dal 1571 al 1588 all’amministrazione del Cardinale Ferdinando de’ Medici, che in seguito avrebbe lasciato l’abito talare per diventare Granduca di Toscana.

Nato nel frattempo il prospiciente Ducato di Salci (leggi l’articolo relativo), il borgo accrebbe ulteriormente la propria importanza. Tanto che nel 1600, papa Clemente VIII lo elevò a “Città” e a sede diocesana.

Il toponimo divenne così “Città di Castel della Pieve”. Un nome fin troppo lungo e forse confondibile con Città di Castello, tanto da venir presto trasformato nell’odierno Città della Pieve.

Scorcio di Città della Pieve dalla campagna a sud

Le epoche seguenti furono tutt’altro che pacifiche per il borgo, posto proprio a ridosso del confine tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Sul finire della prima metà del Seicento, le mire espansionistiche di papa Urbano VIII sul Ducato di Castro condussero ad un sanguinoso conflitto che non risparmiò neanche Città della Pieve. Era il 1643 quando la città, difesa da un modesto contingente papale agli ordini di Frizza Napolitano, fu presa dalle truppe toscane guidate dal principe Mattias de’ Medici e dal condottiero aretino Alessandro Dal Borro. Dopo oltre un anno di dura occupazione, il borgo tornò sotto lo Stato della Chiesa.

A seguire, importanti interventi architettonici e la bonifica della Valdichiana condussero Città della Pieve e il suo comune all’affascinante aspetto odierno, che tuttavia ben conserva le tracce della sua plurisecolare storia.

Antica fontana presso la Rocca

Una culla d’arte

Città della Pieve è stata luogo natio di artisti di grande fama, assai incisivi nella storia dell’arte italiana e internazionale.

Lapide commemorativa di Pietro Perugino presso la casa paterna, in Piazza Plebiscito

Senz’altro il più famoso fu Pietro Vannucci, meglio noto come “il Perugino”. Tra i più grandi pittori rinascimentali, Vannucci nacque qui tra il 1445 e il 1452. Proprietario di botteghe in due delle maggiori perle artistiche italiane, Perugia e Firenze, fu maestro nientemeno che di Raffaello Sanzio.

Al culmine della fama, lasciò rilevanti opere, oltre che nelle città suddette, persino a Roma e nel resto d’Italia. Fino a quando alcune circostanze sfortunate e l’avvento di una nuova corrente artistica rappresentata da Leonardo da Vinci, da Sandro Botticelli e dallo stesso Raffaello lo portarono al tramonto della propria popolarità. Finì per dedicarsi a lavori meno impegnativi nei borghi umbri. In uno di questi, Fontignano, rimase vittima dell’epidemia di peste del 1523.

Tra gli altri artisti pievesi di chiara fama si ricordano anche i pittori Antonio Circignani detto il Pomarancio (esattamente come il padre Niccolò) e Cesare Sermei, nonché i poeti Francesco Melosio e Gaio Fratini.

E osservando la città, sia da fuori che da dentro, non appare casuale che si tratti di un luogo che tanto abbia ispirato la vena artistica dei propri abitanti.

L’ingresso nel centro storico

Via Vittorio Veneto. Sullo sfondo, il campanile della Cattedrale

Assai pittoresco è l’ingresso nel centro storico da via Vittorio Veneto. Immediatamente, sulla sinistra svetta la severa Rocca, architettura trecentesca eretta da Perugia per controllare il borgo che – come detto – sovente si ribellava al suo dominio. Nel 1503, la Rocca fu teatro dell’esecuzione, mediante strangolamento, del condottiero Paolo Orsini e del cugino Francesco, duca di Gravina, ordinata da Cesare Borgia per il loro coinvolgimento nella Congiura della Magione (avvenuta presso il vicino Lago Trasimeno).

Immediatamente di fronte, svetta la graziosa Chiesa del Gesù, mentre, proseguendo, si apre il cuore del borgo.

Città della Pieve colpisce per i suoi edifici. Chi conosce l’Umbria ha ben presente il bianco aspetto delle sue cittadine, dato dal diffuso impiego di travertino. Gli edifici pievesi sono, invece, rivestiti di mattoni a vista, che regalano al borgo un singolare colore rossastro, molto più simile a parecchi centri toscani. La caratteristica si deve alla cospicua presenza nella zona di argilla, che ha giocoforza sviluppato la lavorazione del laterizio (ancora oggi, tra le principali attività economiche locali).

Il cuore della vita religiosa: la Cattedrale

Proseguendo lungo via Vittorio Veneto, si giunge in prossimità dei due degli edifici più importanti di Città della Pieve.

Da una parte, la Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio, intitolata ai protettori del borgo, che domina la centralissima Piazza Plebiscito. Dall’altra, il Palazzo della Corgna, che si affaccia sulla prospiciente Piazza Gramsci.

La Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio: in primo piano, alcuni stand di Zafferiamo
L’interno della Cattedrale

La Cattedrale si erge laddove sorgeva l’antichissima pieve cristiana che dette il nome al borgo. Scrigno d’arte, raccoglie, tra le altre, due splendide opere del Perugino (il Battesimo di Gesù e la Madonna in gloria fra Santi), altrettante del Pomarancio figlio (lo Sposalizio della Vergine e la Madonna del Carmine) e un mirabile crocifisso ligneo attribuito all’artista fiammingo Jean de Boulogne, meglio noto come Giambologna. Opere, queste, tutte quante del XVI secolo, allorché l’edificio di culto ancora non era sede diocesana.

Colpisce, dal lato opposto al campanile, un’alta antica torre. Si tratta della Torre del Pubblico (originariamente nota come Torre di San Gervasio). Eretta nell’Alto Medioevo e innalzata tra il XIV e il XV secolo, finì, nel Cinquecento, per trovarsi direttamente addossata la Cattedrale, nel frattempo ampliata.

Tra storia, politica e scienza: Palazzo della Corgna

Lo splendido Palazzo della Corgna, edificato per volontà di Ascanio dall’architetto perugino Galeazzo Alessi, si affaccia proprio sulla Torre del Pubblico. La struttura si compone di tre ali costruite attorno ad uno splendido cortile interno recante una cisterna.

Il cortile interno di Palazzo della Corgna

Superato l’androne, è consigliabile entrare nell’edificio, oggi di proprietà dell’Amministrazione comunale, utilizzando le scale visibili sulla sinistra. Qui, spicca un singolare obelisco etrusco del V sec. a.C., mentre, salendo ulteriormente, si nota una terrazza con una splendida vista parte settentrionale della città.

Il Museo di Storia Naturale e del Territorio

Al piano nobile, l’edificio ospita il Museo di Storia Naturale e del Territorio, intitolato ad Antonio Verri, insigne geologo e paleontologo pievese (oltre che ufficiale dell’esercito italiano). Il museo, visitabile tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.30, raccoglie minerali e fossili, oltre ad animali tassidermizzati. Gli oggetti provengono per lo più dalle collezioni private lasciate dallo stesso Verri e dal naturalista Paolo De Simone.

Piccola nota rosa: De Simone fu l’amante della marchesa Vittoria Spinola (con cui nel 1886 si trasferì a Città della Pieve), a propria volta figlia di re Vittorio Emanuele II e della moglie morganatica Rosa Vercellana (meglio nota come “la Bela Rosin”).

Mirabili luoghi di Palazzo della Corgna sono i suoi sfarzosi saloni. A pian terreno sorge la Sala del Governatore, affrescata dal Pomarancio padre. Mentre al piano nobile, a fianco di più piccoli vani finemente decorati, svetta la splendida Sala Grande: le decorazioni e soprattutto gli affreschi (meraviglioso il “Convito degli dei”) sono opera dell’artista Salvio Savini.

Gli affreschi di Savini sul soffitto della Sala Grande di Palazzo della Corgna

Passeggiata tra i vicoli

Uno degli aspetti salienti di Città della Pieve è costituito dal dedalo di vicoli che si snodano nella parte settentrionale del borgo. È consigliabile quindi, una volta usciti da Palazzo della Corgna, svoltare in Via Pietro Vannucci.

Immediatamente, la funzionale segnaletica stradale indicherà il percorso da seguire. Le suggestive stradine, che s’inoltrano tra le vetuste case pievesi ornate da fiori e si contraddistinguono spesso per la presenza di splendidi archi, sembrano proiettare il visitatore a molti secoli addietro.

Tra i vicoli, ve n’è in particolare uno da non perdere (a meno che non soffriate di claustrofobia…). È il vicolo Baciadonne, sito nei paraggi della Curia Vescovile e dell’antichissimo Pozzo del Casalino. Posto tra via Sant’Egidio e via Santa Maria Maddalena, è uno dei vicoli più stretti al mondo, con una larghezza che oscilla tra i 50 e i 70 centimetri!

L’insegna d’ingresso del Vicolo Baciadonne

La tradizione narra che sia nato, in epoca medievale, per un’annosa disputa tra vicini: costoro, nel più profondo reciproco astio, avrebbero deciso addirittura di staccare le proprie case l’una dall’altra. Ma, dall’origine litigiosa, il vicolo avrebbe assunto un valore radicalmente diverso. Il nome, infatti, sarebbe un chiaro riferimento al fatto che due persone che s’incrocino nel vicolo sarebbero costrette a star così tanto vicine da sfiorare le proprie labbra. Non a caso, oggi è divenuto una sorta di meta obbligata per molte coppie, che nel vicolo Baciadonne scambiano la propria promessa d’amore.

Un tuffo nell’arte, nella spiritualità e nell’archeologia

Torniamo in via Pietro Vannucci, dedicata al figlio artistico prediletto di Città della Pieve: il Perugino.

Proprio qui, si noterà la splendida Chiesa di Santa Maria dei Bianchi (dal nome di una confraternita nota come “Compagnia dei Bianchi”) e l’attiguo omonimo Oratorio (sede della Compagnia). Quest’ultimo ospita uno degli affreschi più celebri del Perugino: l’Adorazione dei Magi (1504). L’oratorio è visitabile ogni giorno dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 17.30.

L’Adorazione dei Magi del Perugino

Per chi intende immergersi nell’architettura e nell’arte religiosa, oltre agli edifici di culto menzionati sinora, Città della Pieve ne riserva molti altri, persino all’esterno della cinta muraria.

A sud-ovest, si erge la duecentesca Chiesa di San Pietro, dal cui piazzale si gode uno splendido panorama che spazia da Chiusi a tutta la Valdichiana meridionale, inframezzato dall’imponente Monte Cetona.

La Chiesa di Santa Maria dei Servi vista da Porta Santa Maria

Dal lato opposto, esattamente dal luogo in cui siamo entrati nel centro storico, proseguendo su Largo della Vittoria si scorge l’imponente Santuario della Madonna di Fatima: già noto come Chiesa di San Francesco (XIII sec.), ospita splendide opere di Domenico di Paride Alfani e del Pomarancio figlio. Proseguendo lungo l’incantevole via Icilio Vanni, contornata da una passeggiata alberata molto romantica in autunno, si giunge alfine presso il Monastero (con annessa Chiesa) di Santa Lucia (XIII secolo).

Ma vi è un altro luogo imperdibile, specie per chi ama anche l’archeologia. Si tratta della Chiesa di Santa Maria dei Servi, posta appena fuori da Porta di Santa Maria. L’edificio, anch’esso risalente al XIII secolo, è oggi sconsacrato ed ospita il Museo Civico e Diocesano.

Appena a destra dell’ingresso, colpisce subito uno splendido affresco del Perugino, la “Deposizione dalla Croce” (1517). L’opera, tra le più tarde dell’artista, rimase a lungo celata dietro un’intercapedine, ove fu rinvenuta nel 1834 dal pittore e storico dell’arte tedesco Antoon Ramboux.

La Chiesa, dall’interno bianchissimo, custodisce altri mirabili lavori, tra cui un notevole altare. Ma pure la sua cripta merita una visita, ospitando una serie di notevoli opere a tematica religiosa. E non solo.

Al momento in cui si scrive, infatti, vi sono (provvisoriamente) collocati due grandi sarcofagi in pietra e tre urne cinerarie etrusche in travertino alabastrino, scoperte casualmente nelle campagne pievesi, assieme a un imponente corredo funerario, nel 2015. I reperti, probabilmente risalenti al IV sec. a.C., provengono da una delle principali famiglie aristocratiche etrusche del tempo, i Pulfna.

La scoperta si è rivelata tanto rilevante da ricevere, nel 2016, lo “Special Award” da parte dell’International Archaeological Discovery, uno dei primissimi riconoscimenti del settore al mondo.

Tra i luoghi della cultura

Vivace centro culturale, Città della Pieve ospita anzitutto uno splendido teatro. Si tratta del Teatro dell’Accademia degli Avvaloranti, che si erge in prossimità di Palazzo Laval della Fargna (quest’ultimo sede comunale). Opera ottocentesca dell’architetto Giovanni Santini, l’edificio mostra un interno finemente decorato in stile neoclassico ed ospita annualmente un’interessante stagione spaziante dalla lirica alla musica classica, dalla recitazione al balletto.

Il Teatro dell’Accademia degli Avvaloranti

Tornando in via Pietro Vannucci, presso l’antico Palazzo Vescovile è presente una mostra d’arte contemporanea (detta “Spazio Kossuth”), dedicata all’artista tedesco Wolfgang Alexander Kossuth, genio a dir poco poliedrico (è stato scultore e pittore, ma anche violinista e persino direttore d’orchestra!).

Opera allo Spazio Kossuth
Particolare della biblioteca dell’Associazione Culturale PieveCavalli

A fianco dello Spazio Kossuth, sorge un’originale biblioteca dedicata esclusivamente ai cavalli e frutto del lavoro dell’Associazione Culturale PieveCavalli. Quest’ultima ha avviato un importante lavoro di raccolta a partire dai volumi che furono di proprietà del giornalista equestre Giorgio Martinelli. La biblioteca è stata inaugurata nel giugno 2017 ed è gestita dai membri dell’associazione.

Un tuffo nel folklore locale

La plurisecolare storia di Città della Pieve non poteva non produrre un vivissimo folklore che tutt’oggi anima la cittadina umbra.

Manifesto del Palio dei Terzieri

Secoli addietro, infatti, la popolazione pievese era ripartita in tre classi: i Cavalieri (aristocrazia), la Borghesia e i Pedoni (contadini). Da tali classi, sono nati i tre Terzieri in cui è suddiviso ancora adesso il borgo: rispettivamente il Terziere Castello (di colore nero-verde), il Terziere Borgo Dentro (giallo-nero) e il Terziere Casalino (rosso-bianco-blu).

Oggi importanti centri di aggregazione sociale, i Terzieri si sfidano dal 1972 nell’annuale Palio, ove, al termine di un imponente corteo di circa 700 figuranti, viene rievocata l’antica manifestazione della Caccia al Toro (prima domenica successiva a Ferragosto). Ogni Terziere dispone di tre arcieri, i quali hanno a disposizione tre frecce ciascuno. Lo scopo è colpire bersagli a forma di toro chianino (ognuno contrassegnato da un drappo coi colori di un Terziere) che ruotano su una giostra, la quale si muove sempre a maggior velocità.

Non solo. Ciascun Terziere organizza annualmente un importante evento:

  • Borgo Dentro è fautore, presso Palazzo Orca, dei cosiddetti “Quadri viventi” (domenica e lunedì di Pasqua), ove persone in carne ed ossa rievocano scene della Passione, della Morte e della Resurrezione di Cristo;
  • a Casalino si deve, nella prima domenica d’estate, l’“Infiorata di San Luigi Gonzaga”, durante la quale la via principale del Terziere viene tappezzata di imponenti e variopinte composizioni floreali;
  • Castello, infine, durante le Festività natalizie realizza, presso Palazzo della Corgna, il “Presepe monumentale“, ogni anno ispirato ad un tema differente.

Il borgo dello zafferano

Pochi sono i casi in Italia in cui una cittadina abbia legato la propria storia ad una spezia come ha fatto Città della Pieve con lo zafferano. Originaria dell’Asia (il lemma deriva dal persiano safra, giallo), la relativa pianta si diffuse in Europa in epoca medievale, sia come colorante (di tessuti e per la pittura), sia per le sue proprietà farmacologiche e cosmetiche. Ma, soprattutto, come ingrediente culinario.

La coltivazione dello zafferano a Città della Pieve, borgo prossimo ad importanti antiche arterie quali la via Francigena e la via Romea Germanica, è documentata sin dal 1279, allorché uno statuto perugino riservava ai pievesi la relativa coltura.

Nei secoli a seguire, la produzione di zafferano è divenuta una delle principali attività economiche locali, tanto che nel 2002 è stato istituito il “Consorzio Il Croco di Pietro Perugino – Zafferano di Città della Pieve“.

Non solo. Da anni, ormai, Città della Pieve ospita “Zafferiamo”, prestigiosa rassegna dedicata a tale spezia.

Zafferiamo è un must per chi è interessato a conoscere la storia e le caratteristiche della lavorazione e dell’impiego dello zafferano, attraverso un tour che consente di ammirare anche le citate meraviglie del borgo.

Vi è un’area dedicata alla sfioratura, delicatissima attività finalizzata ad estrapolare, dai bellissimi fiori dal caratteristico color viola, i tre sottili stigmi rossi poi sottoposti ad essiccazione.

I visitatori possono cimentarsi con la sfioratura e, persino, con la preparazione di uno dei piatti tipici della cucina locale, i pici allo zafferano, sotto la guida di uno chef, nell’ambito dell’iniziativa “Mani in pasta”.

Per immergersi nella tradizione zafferaniera locale, è organizzato un trekking urbano che conduce sino all’Orto del Seminario, ospitante uno storico zafferaneto.

Inoltre, nei giorni di Zafferiamo, Città della Pieve si colma di stand dei principali produttori locali, che espongono, offrendone anche degustazioni, una moltitudine di prodotti contenenti la spezia: pasta di ogni tipo, dolciumi, olio, persino birra e liquori.

Gustosissima, in proposito, è la “Torta del Perugino”, a base di farina, sale, uova, pepe, latte, pecorino, groviera e ovviamente zafferano.

Né mancano dimostrazioni di impieghi non alimentari (tintura e pittura) della coltura.

Mentre ovunque domina il colore dei fiori di zafferano: il viola.

Fiori di zafferano

Dove dormire e dove mangiare

Città della Pieve pullula di ristoranti, trattorie, enoteche e strutture ricettive. Saranno qui menzionate quelle visitate da chi scrive, le quali non hanno minimamente deluso le aspettative e sono, anzi, pienamente consigliate ai lettori che intendano visitare il borgo.

Per il pernottamento, a due passi dal centro storico sorge lo splendido Hotel Vannucci, in via Icilio Vanni.

Per chi ama, invece, immergersi nelle prospicienti campagne, è consigliabile il Podere Umbro, situato a un paio di chilometri dal borgo. In un incantevole rustico finemente ristrutturato e arredato, è possibile svegliarsi udendo solo i suoni della natura e circondati da animali quali due splendidi cavalli, altrettanti gatti e un dolcissimo pastore maremmano che allieta affettuosamente tutti i visitatori.

Per mangiare, si consigliano il ristorante Zafferano Pievese, sito presso la medesima struttura dell’Hotel Vannucci, nonché la caratteristiche trattorie New Castle, in via Garibaldi, e Bruno Coppetta, in Via Pietro Vannucci. Per entrambe, preparatevi a pasti abbondanti a base di specialità locali, entro un ottimo rapporto qualità/prezzo, serviti dal cordialissimo personale.

Naturalmente, nessun pranzo né cena può essere davvero gustato se non associato ad un buon vino. E chi non è astemio qui troverà un motivo in più per amare un borgo circondato da una fertile campagna che consente la coltivazione di uve eccellenti. Anzi, le proprietà del suolo, unitamente alla perizia e alla passione dei locali viticoltori, consentono la produzione di vini biologici, regolarmente muniti dell’apposita certificazione europea. Ne è un esempio il Podere Fontesecca (che, peraltro, produce anche olio d’oliva), il quale offre una serie di vini realizzati senza alcun intervento chimico sia in fase di viticoltura che in fase di vinificazione, garantendo al consumatore prodotti naturali dal gusto eccelso.

Calici di ciliegiolo, tra i principali vini prodotti presso Città della Pieve.

Ma, anche con il pasto abbondante garantito, una giornata di visite turistiche non può iniziare senza una buona colazione. A tal scopo, si consiglia il Cafè degli Artisti, in Largo della Vittoria, che offre un vasto assortimento di pasticceria.

Dolci a base di zafferano

Conclusioni e ringraziamenti

Un borgo tanto affascinante merita ben più di un semplice articolo. Senz’altro merita una visita, per immergersi appieno nell’atmosfera di Città della Pieve, nella sua storia, nella sua tradizione, nelle sue bellezze e per conoscere la sua gente.

Non è un caso che Città della Pieve sia stata effigiata della “Bandiera arancione” dal Touring Club Italiano.

E non è un caso, per aggiungere una nota cinematografica, che il borgo sia stato, dal 2002 al 2008, location della fortunata serie televisiva Carabinieri. Nonché di uno dei film dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani più apprezzati dalla critica: San Michele aveva un gallo (1972).

Ogni anno, migliaia di visitatori affluiscono, restandone ammaliati, in questa splendida cittadina dell’Umbria.

Passeggio alberato lungo via Icilio Vanni

Che ho potuto conoscere a fondo grazie anche ad alcune persone, che qui intendo ringraziare:

  • Lorenzo Berna, ideatore del blogtour, grande conoscitore del proprio borgo. E, soprattutto, amante della propria terra, tanto da aver saputo pienamente trasmettere nel cuore di tutti noi blogger la bellezza di questo incantevole centro medievale;
  • i professionalissimi fotografi Luca Tavera e Gianni Ferrara, quest’ultimo anche videomaker del blogtour;
  • il “Consorzio Zafferano di Città della Pieve”, che ha omaggiato tutti i partecipanti al blogtour di una splendida cassetta, realizzata dal “Cantiere 56”, contenente prodotti tipici locali a base di zafferano;
  • il signor Paolo del “Podere Fontesecca”, che ha gentilmente offerto ai partecipanti al blogtour una gustosa degustazione dei vini locali presso l’Hotel Vannucci;
  • la signora Maria Cristina Magri dell’Associazione PieveCavalli;
  • il personale e i gestori delle strutture recensite;
  • il panificio Camilloni e Belardinelli per i gustosi assaggi di “torta del perugino”, serviti con capocollo;
  • gli espositori, nonché il personale di Zafferiamo e del Comune di Città della Pieve;
  • il Terziere Borgo Dentro per il pranzo conclusivo del blogtour;
  • i fantastici “compagni di viaggio”, blogger come me rimasti incantati da Città della Pieve.
Gli omaggi per i blogger del Consorzio dello Zafferano di Città della Pieve

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Paolo Menchetti

Paolo Menchetti

Nato ad Arezzo nel 1982, una laurea in giurisprudenza e un titolo di avvocato appeso al chiodo. Un grande amore per la fotografia, i viaggi e la scrittura. Tre passioni che ho unito nel lavoro che ho scelto di fare: il fotoreporter. Il mio obiettivo: far vivere le esperienze che ho vissuto in un luogo ai lettori, nella speranza di stimolarne il desiderio di scoprirlo a propria volta.

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