Cammino di Celestino V

Abruzzo slow: trekking lungo il cammino di Celestino V

Uscire da quella condizione immobile e seduta che oggi ci caratterizza, molti di noi passano direttamente dal letto alla macchina e dalla macchina all’ufficio, prima di tornare, quando ormai è sera, a sedersi davanti alla tv. Così scrive l’antropologo David Le Breton nel suo libro “Il mondo a piedi”. Allora meglio muoversi, ma non nel senso di tapis roulant in palestra. Muoversi nella natura, nella storia e nel paesaggio che ci circonda. Un po’ quello che abbiamo fatto in Abruzzo con Tratturi e Cammini, percorrendo un tratto del Cammino di Celestino V, in ricordo del viaggio a dorso di un asinello intrapreso da Pietro da Morrone nel 1294 per raggiungere L’Aquila, dove fu incoronato Papa. Il prete eremita, il primo Pontefice a esercitare il suo mandato lontano dai confini dello Stato Vaticano e tra i primi sei ad abdicare, visse in un luogo inaccessibile sui monti della Maiella nella maniera più semplice possibile. Ora l’obiettivo delle associazioni locali è riaprire la strada vicino al fiume, per rendere il percorso di Celestino V alla portata di tutti.

Il nostro trekking comincia subito con una parentesi eno gastronomica. Ci fermiamo infatti a Vigna di More, dove l’appassionata Adriana Ronca spiega come sia riuscita a recuperare il grande vigneto nel cuore del Parco Sirente Velino bonificando una vecchia discarica. Qui oggi produce pinot nero e spumante, ma anche zafferano e tartufi grazie ad una tartufaia naturale. Dal fondo della sua bella valle, dove pascolano pacifici cavalli e asini, la vista è stupenda sul massiccio del Sirente.

Lasciamo alle spalle il paesino di Goriano Valli, nel comune di Tione degli Abruzzi, verso le 11 del mattino e ci addentriamo in un bosco fino alla torre medievale di avvistamento a base circolare. Percorrendo qualche gradino e facendo attenzione a non sbattere la testa, vale la pena salire fin su per ammirare il panorama che spazia da Tione alle cime più alte del Sirente. Ma la sosta non dura troppo. Così si prosegue con un altro pezzetto di cammino nella natura grezza fino ad arrivare al fiume Aterno. Piccolo incontro con un cinghiale in lontananza e poi ecco palesarsi davanti ai nostri occhi un antico ponte romano. Il fiume è l’occasione giusta per rinfrescarsi un po’ e approfittare di una breve sosta. Sulla parete di roccia nera che delimita il corso d’acqua ci sono altre testimonianze della storia che è passata da qui.

Attraversato il ponte percorriamo un tratto in cui la natura si fa più fitta, prestando attenzione alle ortiche e schivando i rami, si può tirare un sospiro di sollievo quando giungiamo a Beffi. La Chiesa della Collegiata di Santa Maria del Ponte, è stata danneggiata dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo il 6 aprile 2009. Nei secoli al suo interno ha raccolto opere d’arte notevoli come il Trittico di Beffi, il gruppo scultoreo della Madonnina con Bambino, una croce processionale in argento del 1500 e le statue lignee dei SS. Diacono, Sisto e Pasquale, la Bibbia Atlantica del VIII secolo.

Il cammino di Celestino V continua fino ad arrivare al piccolo borgo di Santa Maria del Ponte. Il paese è racchiuso dalle mura di cinta con due porte di accesso ad arco gotico, dal curioso nome di “Capo la Terra” e “Piedi la Terra”, ai vertici opposti. Per il pranzo e la visita devo ringraziare il signor Mariano dell’Associazione Santa Maria del Ponte. Dopo averci rifocillato per bene ci ha portato alla scoperta di questo angolo di Abruzzo che sembra fuori dal tempo. Sono infatti solo sei gli abitanti e la sua storia è ricca di fascino, ma anche un po’ di mistero. A partire dal simbolo di Sansone impresso su un muro, fatto di tre buchi nei quali, secondo la leggenda locale, inserendo le dita Sansone generava i terremoti. Inoltre sul muro di cinta si scorge un simbolo molto particolare, una triplice cinta, ancora oggi enigmatico, che farebbe pensare alla passata presenza di Cavalieri Templari.

In tutto abbiamo percorso i 6 chilometri che si snodano tra l’Altopiano delle Rocche, la media Valle dell’Aterno e la Valle Subequana attraversando paesaggi naturali ben conservati e testimonianze di antichi insediamenti. Per chi desidera proseguire si può giungere fino a Fontecchio.

Ecco un altro pezzetto di Abruzzo, dopo il racconto di Navelli, tutto da riscoprire e che meriterebbe maggiore attenzione, soprattutto dagli amanti di un turismo lento, a contatto con le tradizioni che resistono nei costumi e nelle abitudini locali e immerso nella natura. Non a caso l’Abruzzo è definita la “regione verde d’Europa“, con i suoi tre parchi nazionali, quello regionale del Sirente Velino, oltre trenta riserve naturali che coprono un terzo del suo territorio. Ma tutto ciò dovrebbe riuscire a conquistare una maggiore valorizzazione ed è quello che puntano a fare le comunità locali, ripristinando gli antichi sentieri, tracciandoli con il GPS e riproducendoli su mappe, guide e siti internet.

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Sara Sbaffi

Romana, classe 1982. Giornalista pubblicista dal 2009. Appassionata di viaggi ed enogastronomia. Collaboro con le Guide di Repubblica e il Trovaroma.

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